Salas: "Dagli inizi con il River, fino alla mia Lazio. E su Eriksson e Mihajlović..."
L'intervista ai microfoni ufficiali della società biancoceleste di Marcelo Salas

L'intervista completa dell'ex attaccante del secondo scudetto della Lazio, Marcelo Salas ai microfoni ufficiali della società capitolina. Salas si è raccontato in una lunga intervista, parlando dei suoi inizi in carriera con il River Plate, dell'esordio in nazionale, fino al periodo con la Lazio.
Il goal nella Supercoppa Europea
Il merito è di tutti, non avevo visto da quella volta il goal, fa piacere che la gente ricorda ancora questa Coppa e questi momenti che abbiamo vissuto tutti insieme, con i miei compagni. Quella sera in verità ero arrabbiato perché ero in panchina e non avevo cominciato dal primo minuto questa gran partita. Simone purtroppo (Inzaghi, ndr), ha avuto un infortunio per un fallo di Stum, con cui poi siamo diventati compagni di squadra qui alla Lazio, e in quel momento ho avuto la fortuna di entrare e ho cercato di approfittarne al massimo per fare goal.
Gli inizi in carriera
Il mio primo goal da professionista è stato con l'Universidad de Chile, nel 1994. Ho avuto la possibilità di vincere lo scudetto dopo 25 anni nella Lazio. In Argentina con il River Plate? Ho segnato il goal del pareggio nella mia prima partita da titolare contro il Boca Junior, quella rete se la ricordano tanto i tifosi del River perché è stato il goal del mio esordio da titolare, anche nel derby della capitale, un momento importante anche per me.
Esordio nella Nazionale cilena? Sono entrato un paio di minuti e ho segnato il goal del pareggio contro l'Argentina, in quella squadra c'era Maradona, Balvo, Vaniglia, Caniggia, Simeone, tanti campioni argentini. Lì ho avuto la possibilità di fare goal al mio esordio in Nazionale. Avevo 19 anni.
Il Mondiale del 1998 contro l'Italia
Prima partita del Mondiale contro l'Italia, che partita è stata? È stata una bella partita, menomale che non c'era Nesta, ma Cannavaro. Nesta è stato un grande campione, con cui ho giocato qui. Questa è stata una delle partite più importanti della mia vita, ho dei ricordi bellissimi. Ho avuto l'opportunità di giocare solo quel Mondiale, e giocare contro l'Italia e fare due goal era una carta di presentazione molto importante, anche perché dopo sono arrivato a Roma.
El Matador alla Lazio
Sembra che ho lasciato un bel ricordo in tutta la gente laziale. Riconosco che non ero solo un attaccante e che potevo andare indietro, fare assist, e quello per me era molto semplice, perché ho iniziato la mia carriera da centrocampista, volevo essere Maradona. Giocavo con la numero 10 alla Lazio, quindi per me non era un problema andare indietro e fare un assist.
Tre anni alla Lazio, perché non abbiamo vinto più scudetti secondo me? Nel 1998-99 è stato il primo scudetto che abbiamo perso, il Milan ci ha raggiunto e ci ha tolto lo scudetto dalle mani. Ricordo che abbiamo detto che l'anno successivo lo scudetto era nostro e dovevamo vincerlo, menomale che lo abbiamo fatto.
Perugia-Juventus, dove mi trovavo? Ero nello spogliatoio con Almeida, Simeone, il mister, Couto, ricordo che eravamo tutti ad ascoltare la radio e aspettare che finiva la partita a Perugia, una volta finita siamo andati tutti in campo. Ho foto e video a casa mia con i tifosi in campo. È stato meraviglioso, ricordi meravigliosi.
Qual è stato il segreto di avere tanti protagonisti in squadra? Io ero uno dei più giovani, il resto erano più grandi, giovani anche loro ma sui 28-29 anni, io sin da quando ero ragazzo ascoltavo quelli più grandi di me, per me non era un problema. Anche se abbiamo avuto tanti confronti nello spogliatoio con i più grandi, quando scendevamo in campo eravamo tutti uniti.
Su Eriksson e Mihajlović
Purtroppo ci hanno lasciato troppo presto due grandi persone. Eriksson è stato un grande allenatore per me, la sua capacità nel gestire questa squadra con tutti questi campioni era impressionante, come anche il suo modo di allenare ci ha fatto vincere, non eravamo solo noi giocatori, anche lui ci ha messo del suo. Sinisa mi ha aiutato tanto, abbiamo creato una grande amicizia, come con tutti gli altri, con cui parlo ancora. Sinisa mi ha lasciato qualcosa in più, era un guerriero e lo è stato fino ai suoi ultimi giorni. Per il popolo laziale e la maglia ha fatto il suo massimo e sarà sempre nel mio cuore.
Pentito di aver lasciato la Lazio? Penso che i miei migliori anni li ho vissuti qui, e sarei voluto tornare e stare un paio di anni in più. Credo che il momento in cui sono andato via fosse quello giusto: avevo dei problemi con Sven (Eriksson, ndr) e c'erano tanti altri attaccanti che lui voleva. Io avevo la possibilità di andare in una grande squadra come la Juventus e mi ricordo che avevo parlato molto con Simeone e Bobo, che mi ha consigliato di andare. Ho preso la decisione di andare ma speravo di tornare, purtroppo ci sono stati altri miei problemi e ho deciso di tornare in Argentina. Però mi sono un po' pentito, sarei tornato alla Lazio.
La più grande emozione che ho vissuto con la Lazio? Lo Scudetto senza dubbio, dopo 25 anni che non si vinceva, per me è stata un'emozione enorme come per tutta la vera gente laziale. Il momento più importante è stato lo Scudetto.