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Sulle pressioni degli ultras 

Un presidente è custode del patrimonio storico e sportivo della società, che preserva e tramanda senza scendere a patti. Ho risposto dal 2004 a muso duro, niente abbonamenti e biglietti gratis, basta con le trasferte pagate dalla Lazio.

Sui rischi derivanti dalla sua rigidità con i tifosi 

Di tutto, sono scampato a bombe e ogni tentativo di intimidazione, ho dovuto rafforzare la mia sicurezza perché ho arginato il business delle curve. Ricordo ancora quando incontrai i quattro tifosi della Lazio. È tutto agli atti degli inquirenti, li incontrai a Piazza Cavour, davanti al cinema Adriano. Si presentarono quattro persone e uno di questi, pace alla sua anima, era Diabolik. Piscitelli si presentò e mi disse “ preside, buona sera, io sono Diabolik“. Lo guardai e gli risposi “buona sera, ispettore Ginko“. Diabolik mi chiese se stavo scherzando. No, gli risposi. E dissi “io sto dalla parte delle guardie“. Racconto sempre questo episodio. Percepì subito che c’era qualcuno che utilizzava il calcio per altri fini e amavo dire “mi porti la carta d’identità, mica c’è scritto professione di tifoso“. Sono contro i soprusi, è una mia indole, fa parte del mio DNA. Mi ribello con tutti i mezzi legali che ho a disposizione. Probabilmente i miei colleghi in passato non l’hanno fatto perché era più comodo.

Sulla contestazione dello scorso 14 giugno e sugli striscioni al ritiro di Auronzo di Cadore

Non c’entra nulla il mercato o la Lazio che, come testimoniano i fatti, non ha subito nessun ridimensionamento e lo sto dimostrando. È una scusa per costringermi a vendere perché io non ho mai ceduto a nessun privilegio. Lo Stato deve prendere dei provvedimenti normativi, affinché il calcio non diventi ostaggio di associazioni criminali che utilizzano questo sport e altri per fini che non sono sportivi, come lo spaccio di sostanze stupefacenti, usure e non solo.

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