Nulla è più pesante di un cuore stanco. Mentre si spegne pian piano la scintilla fra il Comandante e la Lazio, a Formello divampa un incendio: «Lotito reietto, Sarri il tuo schiavetto. Enrico caccia tuo padre», gli striscioni apparsi domenica notte sui muri del centro sportivo, ad accogliere la squadra di ritorno dalla disfatta di Bergamo. Tifosi contro il presidente e adesso anche contro il tecnico, per la sua diplomazia sul mancato mercato di gennaio: «Me ne sono disinteressato. Se la società pensa che siamo da Champions, io mi adeguo». Una rassegnazione trasportata in campo, che preoccupa ancora di più con la Lazio risprofondata al nono posto. Sembra di essere tornati due mesi e mezzo indietro, al 25 novembre a Salerno: «Allora prendemmo tutti di petto alla stazione, compreso Sarri che ci rispose "Non è matematica, la soluzione non ce l'ho". Bene, se non ce l'hai, te ne vai», la chiosa dura della voce della Nord. Mau invece stavolta non minaccia nemmeno le dimissioni di rito: «Mi sento ancora al centro del progetto? Non sto nella testa di Lotito». Il patron è furioso, al massimo aspetta un passo indietro dell'allenatore, ma ripete «non ho nessuna intenzione di esonerarlo» e riconoscergli altri 10 milioni lordi sino alla scadenza (2025) del contratto. Per questo già mesi fa aveva declinato la candidatura di Tudor (oltretutto unica vera alternativa tecnica, al momento), rimandando ogni decisione sul futuro, con le suggestioni degli ex Scaloni, Conceicao e addirittura Simeone a giugno. Ma per quanto ancora il numero uno potrà prendere tempo?

RESPONSABILITÀ COLLETTIVA

Di nuovo tutti sotto processo ma, arrivati a febbraio, senza più appello. Eppure tutti ora si sentono contemporaneamente colpevoli e vittime di questo crollo. Lotito non ha dato una mano a gennaio, ma ha speso tanto sul mercato estivo. A maggio Sarri aveva urlato ai quattro venti che la "vecchia" guardia aveva dato tutto lo scorso campionato, e ora, con uno stato d'animo abbattuto da vicissitudini extra campo (altre due pesanti situazioni familiari, oltre la scomparsa dello zio), non riesce a rianimare un gruppo, che sembra avere una crisi di rigetto. I giocatori sono senz'altro i principali responsabili degli scempi di quest'anno, ma si sentono deresponsabilizzati dai peccati originali del patron e del tecnico. Da una parte lamentano rinnovi promessi e mai firmati, arretrati congelati, i premi per il raggiungimento degli ottavi Champions (vedi il confronto d'Immobile prima di Bergamo), dall'altra ora non sopportano più un gioco monotono, che non li valorizza appieno né i toni comunicativi forti di Sarri dentro lo spogliatoio. In questi casi, a pagare in corsa, può essere sempre e solo uno, prima della rivoluzione della rosa a giugno.

INCUBO CALENDARIO

Ieri Lotito era a Milano in Lega, ma non sembra avere ancora il coraggio di una scelta repentina. E quindi si vive alla prossima giornata, sperando in un nuovo cambio di rotta. Si era pensato al ritiro, qualcuno lo invocava addirittura a Norcia. Invece, nulla. Oggi resta il riposo per non affliggere la squadra, che ieri ha chiesto a Sarri di alleggerire pure i carichi di ogni seduta. Per ricompattarsi si sta piuttosto studiando un pranzo o una cena. È l'ultima speranza con vista su un calendario tutto in salita. Appena si è rialzato il livello contro squadre più quotate (Inter, Napoli e Atalanta), la Lazio è sparita e ha mostrato i suoi limiti di mentalità. Sabato arriva il Cagliari, e poi la Champions col Bayern e tre scontri diretti di fila: Bologna, Torino e Fiorentina. Sarri ha promesso di non mollare e di trasmettere la leggerezza per riprendere quota in classifica. L'anima così appesantita rischia di trasformare l'obiettivo Champions in pura utopia. In una brace, la panchina.

Alberto Abbate//Il Messaggero 
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