Dire che non corra buon sangue è forse esagerato. Lo stesso parlare di vendetta, sempre in senso sportivo si intende. Però è innegabile che Felipe Anderson e Cataldi non abbiano, con Inzaghi, un rapporto idilliaco, come magari altri biancocelesti (Immobile e Luis Alberto su tutti). Nulla di personale, sia chiaro, ma basta guardare la carriera dei due attuali titolari di Sarri per accorgersene. Il brasiliano, arrivato alla 92esima partita consecutiva con la Lazio, andò via da Formello nell’estate del 2018 proprio per alcune divergenze con Inzaghi, che nel suo 3-5-2 non gli trovava una collocazione adatta. A confermarlo, anche il presidente Lotito in un’intervista recente: “Inzaghi non lo voleva, io non lo avrei mai ceduto”. E infatti appena ha potuto, su indicazione di Sarri, se l’è ripreso (a zero, un affarone considerando gli oltre 35 milioni incassati tre anni prima) e adesso se lo gode, sia da esterno che nel nuovo ruolo di falso nueve. L’altro che giocherà con una motivazione maggiore, per dimostrare quanto Inzaghi abbia sbagliato in passato a dargli poca fiducia, è Cataldi. La sua assenza (per squalifica) contro il Torino si è fatta sentire, il centrocampista romano è diventato essenziale per Sarri che ne ha elogiato pubblicamente “la sua crescita esponenziale”. Titolare inamovibile, Cataldi, si è meritato anche il rinnovo fino al 2028. E pensare che con Inzaghi - anche per la presenza di Leiva - veniva utilizzato con il contagocce, proprio in rarissime occasioni. Adesso Cataldi è cresciuto, si è imposto come leader nello spogliatoio e vuole dimostrare che avrebbe meritato più fiducia in passato. Non esiste momento e posto migliore che domenica a San Siro. TuttoMercatoWeb/Riccardo Caponetti

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