La scomparsa di Vincenzino D'Amico ha colpito in modo particolare il mondo del cal- cio, come la gente comune, per l’umanità e la semplicità del personaggio. Adriano Panatta, da ex professionista ed appassionato, ricorda la bandiera della Lazio che ha anche intervistato in tv a Domenica In.

Panatta, come spiega tanto e spontaneo affetto da parte di tutti nel ricordare D’Amico?

«Perché Vincenzo era davvero una bravissima persona: un ragazzo buono, intelligente, pacato ed equilibrato da opinionista, s’è sempre comportato bene con tutti, era sempre simpatico, allegro e spiritoso, dopo essere stato un grandissimo talento del calcio».

Lei l’ha paragonato ai più forti italiani degli ultimi anni. «Era all’altezza di Del Piero, Baggio, Mancini, Totti: è stato un lampo di talento del calcio itali no».

Però ha fatto una carriera diversa di molti di loro: è rimasto 16 anni nella sua Lazio.

«Diciamo che gli piaceva stare a casa, a Roma, ma ha contribuito allo scudetto del ‘74 e amava tanto il calcio, negli ultimi anni di carriera ha giocato anche alla Ternana in C1».

Lei l’ha conosciuto personalmente.

«L’ho conosciuto tanto tempo fa. Negli anni Settanta, quand’era giovane e ancora giocava. Mi piaceva moltissimo».

Che rapporto aveva con lui?

«Quando lo incrociavo per prima cosa gli dicevo sempre la stessa cosa: Ma che stai a fà qua? Perché non sei al Real, al Barcellona o in Brasile?' La mia stima per il calciatore era grande come quella per l’uomo: lui ci parlava proprio col pallone, come pochissimi altri. Parliamo proprio di primissime qualità, di qualcosa che spicca, che fa la differenza. Oggi talenti così nel calcio italiano non si vedono più: il gioco è diventato troppo fisico».

D’Amico era talmente semplice, bello e positivo che anche ex bandiere della Roma lo stanno ricordando pubblicamente in queste ore con sincero affetto.

«È una cosa molto bella, una manifestazione molto significativa che fa capire nel modo più chiaro come la persona ha superato la bandiera, la lazialità che Vincenzo ha rappresentato praticamente per tutta la carriera. Umanamente Vincenzo aveva preso molto dal suo grande allenatore, Tommaso Maestrelli».

Maestrelli somigliava molto al mentore di Panatta, Mario Belardinelli.

«È vero: come Vincenzo, parliamo di gente brava, valida, competente, di grande umanità, ma mai saccente, mai sopra le righe, gente dotata di grande rispetto per il prossimo e che si merita a sua volta estremo rispetto da parte degli altri. Così è naturale che tutti gli volessero bene. E così come se avessi fatto il calciatore avrei voluto Maestrelli come allenatore, stavo sempre molto bene ogni volta che mi ritrovavo con D’Amico». Il Messaggero

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