Dario Marcolin a Radiosei: "Eriksson come un secondo padre. Il suo segreto era..."
Il ricordo di Dario Marcolin a Sven-Göran Eriksson
Dario Marcolin è stato protagonista nel pre-match di Lazio-Milan, prima partita dopo la scomparsa di Eriksson. La società biancoceleste, prima del fischio d'inizio, ha voluto ricordare il tecnico svedese trasmettendo le immagini delle sue vittorie con la Lazio con sotto le note di “My Way”. Il momento commovente si è concluso con un giro di campo da parte dell'ex centrocampista biancoceleste, Dario Marcolin, che ha esibito una maglia dedicata a mister Sven, poi posizionandola sul posto dell'allenatore a bordocampo. Marcolin è intervenuto ai microfoni di Radiosei nel ricordare il suo ex allenatore.
Il giro di campo in memoria di Eriksson
E’ stata un’emozione grande, ricordare quello che per me è stato un secondo padre è stato forte. E’ stato unico, mi sono sentito fortunato ad essere lì in quel momento a ricordare una persana del genere. Era apprezzato da tutti e da grande signore ha vissuto la malattia addirittura dando consigli agli altri. In quel momento ho rivissuto tutto, il nostro feeling personale e di squadra. E’ davvero morto uno di noi.
Il ricordo di quella Lazio
Quella rosa era di 31 giocatori, tutti campioni. Io e Gottardi avevamo un calendario in cui mettevamo le croci sugli indisponibili (ride, ndr). Era complicato anche andare in panchina. Di quella squadra lì, molti sono diventati allenatori. Questo significa che Sven è stato per tutti un’ispirazione, tecnica e di gestione. E’ vero, io giocavo poco, ma lo spogliatoio mi ha affidato la festa interna per lo scudetto. Evidentemente ero apprezzato dal gruppo. Era giusto che avanti ci fossero i campioni con alle spalle una base solida. Questo è stato il segreto dei successi di Eriksson e della sua gestione del gruppo. Faceva sfogare tutti senza intervenire, poi dopo 3 giorni chiedeva conto. Oggi undici giocano e gli altri sono arrabbiati, nella nostra Lazio non era così.
Quando sono arrivati Sven e Mancini, siamo passati da una squadra che ci provava ad un'altra che ci credeva. E' cambiato il pensiero grazie al loro arrivo, l'approccio era lo stesso in casa ed in trasferta. Ricordo tanti momenti particolari, la lite tra Simeone e Couto sono stati minuti che non ho mai visto in vita mia. Ricordo Mancini che riprese Boksic chiedendo di rispettare la squadra. Lui da professionista ha capito e tornato indietro.