Il Tempo | Lazio, Provedel chiude la porta
Attaccante fino al 2009 nel settore giovanile del Pordenone, la città dov’è nato nel 1994. Poi, la voglia di cambiare a quindici anni: voleva fare il portiere ed è andato a giocare nel Liapiave, squadra trevigiana. Tanti club in carriera, Udinese, Chievo, Pisa, Perugia, Modena, Pro Vercelli, Empoli e Juve Stabia, tanta sana provincia fino all’arrivo alla Lazio. La trafila di Ivan Provedel è lunga, piena di sudore per riuscire a salire di livello. Quei cinque minuti di Maximiano nella partita d’esordio del campionato contro il Bologna (è stato pagato tre volte di più del portiere friulano), l’uscita maldestra e la conseguente espulsione del numero uno portoghese pagato 10 milioni, gli ha regalato una maglia da titolare che Sarri, suo grande sponsor, pensava comunque di affidargli alla lunga.
Ora è diventato una certezza per il suo club tanto che ha potuto festeggiare la prima chiamata di Mancini. Una gioia incredibile per il portierone biancoceleste di madre russa, sguardo glaciale modello Ivan Drago («ti spiezzo in due»). Ha saputo trasmettere sicurezza in queste prime nove partite a un reparto che era il tallone d’Achille della squadra di Sarri. Ora la Lazio è seconda nella classifica dei gol incassati, solo l’Atalanta ne ha presi tre, seguono i biancocelesti con cinque (con Napoli e Juve). Tutte le altre hanno fatto peggio e un po’ di merito è anche di questo ragazzone di centonovantadue centimetri che si sta guadagnando sul campo la fiducia dei suoi tifosi. Ivan parla ai canali social dell’Italia e non nasconde la sua gioia per la maglia azzurra: «<Mi sto trovando molto bene - ha spiegato Provedel - la convocazione è stata una cosa inaspettata, non me ne sono reso conto in un primo momento. Quando l’ho saputo avevamo perso 5-1 in Danimarca e quindi la notizia mi ha un po’ aiutato ad addolcire il momento». Ha trovato l’ambiente ideale per provare a scalare le gerarchie anche se la concorrenza, Donnarumma a parte, è qualificata con Meret e Vicario a contendergli il ruolo di vice: «Ho notato qui in azzurro un grande entusiasmo - ha aggiunto l’estremo difensore della Lazio - questo è un gruppo che ha fatto qualcosa di importante. Si vede che i ragazzi fra di loro stanno molto bene e questo mi aiuta ad ambientarmi».
Tra qualche giorno chiuderà la parentesi con la nazionale (Mancini ha spiegato che lo voleva studiare da vicino) e si concentrerà sull’obiettivo della sua stagione: aiutare la «sua» Lazio a tornare in Champions League. I progressi con Sarri e quella caratteristica che piace al tecnico toscano: da attaccante mancato, è uno dei migliori nel ruolo nell’impostare il gioco dal basso con passaggi che facilitano la partenza dell’azione. L’allenatore biancoceleste lo ha voluto a tutti i costi anche per questa ragione, di certo nessuno si aspettava che gli occorresse così poco tempo per imporsi. La Lazio si gode il suo portiere che ora sogna di convincere il ct anche per le qualificazioni ai prossimi europei, diventati purtroppo l’unico obiettivo rimasto con i mondiali in Qatar da guardare in televisione. Il Tempo/Luigi Salomone