Massimo Maestrelli, figlio di Tommaso, è stato uno dei collaborati del documentario “Maestro, il calcio a colori di Tommaso Maestrelli” di Alberto Manni e Francesco Cordio. Il figlio di Maestrelli è intervenuto a Radiosei, parlando del documentario realizzato sulla vita di suo padre, Massimo sarà uno dei protagonisti del film, racconterà le gesta del padre, diventato un'icona per tutti i tifosi della Lazio.

Questo lavoro è la giusta consacrazione a tuo padre

Era da tanti anni che ci pensavo. Chi me lo ha proposto in passato non mi ha fatto fare i salti di gioia, aspettavo le persone giuste. Volevo fare una cosa bella, non mi volevo accontentare. Avevo necessità di raccontare questa storia perché sono l'ultimo che può farlo, non volevo che si perdesse la memoria di una famiglia che ha avuto tantissimo da Roma, ma soprattutto dalla Lazio, oltre a Foggia, Bari e Reggio.

Quando vai in quei posti, quanta gente anche ancora tuo padre?

È sorprendente, Reggio soprattutto, come anche a Foggia, è rimasto un affetto intatto, come se il tempo si fosse fermato. 

C'è un momento nel film che senti tuo, che volevi a tutti i costi e che volevi trasmetterlo alla gente?

Si, il momento della guerra. Quando ho scoperto che gli erano state riconosciute a 22 anni le sue qualità di condottiero e di guida. Quella formazione di 360 soldati in guerra lo hanno poi aiutato a gestire quei venti matti negli anni 70 (ride, ndr). Era ben preparato. Vedere dei compagni che muoiono in guerra e lui scamparla per un pelo è un momento a cui sono più legato.

Non ha avuto il tempo che ti raccontasse queste storie di guerra?

Babbo sorrideva sempre a casa, c'era solo un momento in cui perdeva il sorriso. Quando io e Maurizio per curiosità gli chiedevamo di raccontarci della guerra, improvvisamente il suo viso cambiava espressione. Si intristiva in maniera spaventosa. Gli chiedevamo e mamma ci diceva basta. Il suo viso per la prima volta lo vedevo cupo.

Tu pensi che Giorgio sia stato quello più amato?

Penso che sia stato quello che Babbo ha più amato in assoluto. Lo ha visto sia come un ragazzo che fuori dal campo aveva bisogno di supporto, in campo era fortissimo, ma fiori si perdeva. Aveva bisogno del suo sostegno. Ha provato un amore infinito per Giorgio, ricambiato.

Battute finali

Commozione non vuol dire tristezza. Il finale è inteso, non triste, ci sarà molta commozione. A 60 anni ho fatto la scoperta di due persone meravigliose, che sono Alberto Manni e Francesco Cordio, che oggi considero due fratelli aggiunti. Andate a vederlo perché è una storia unica, che va oltre al calcio e lo sport.

maestrelli

 

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