Protagonista della stagione della Lazio Women, purtroppo poi terminata senza promozione, Claudia Palombi nell'ultimo numero di Lazio Style Magazine  ha ripercorso varie tappe della sua carriera.

Partiamo da lontano. Ricordi il giorno in cui hai dato il primo calcio a un pallone?

"Sì, lo ricordo benissimo. Credo avessi appena quattro anni e mi divertivo a prendere a calci una pallina. È stato il mio primo contatto con l'oggetto che sarebbe poi diventato parte integrante della mia vita".

Quando hai deciso che saresti diventata una calciatrice?

"L'ho deciso fin da subito anche considerando che amavo trascorrere il tempo giocando con tutto cio che avesse una forma sferica, lasciando da parte le bambole".

Il tuo è stato un percorso lungo caratterizzato da tanti sacrifici. Cosa ti ha spinto a non mollare mai?

"E vero devo dire che non è stato semplice Sono esattamente vent'anni che gioco a calcio. Il mio è stato un percorso lungo, travagliato, appassionante. Ho mosso i primi passi con i ragazzi del Tivoli ricevendo poi una chiamata dalla Lodigiani, una società prestigiosa della Capitale. Il mio percorso nel calcio femminile è iniziato successivamente con la maglia della Res Roma Femminile e da li in avanti, tra campionati di serie C, Serie B e Serie A, sono arrivata a vincere tre Scudetti Primavera consecutivi cona fascia da capitano al braccio. Sono rimasta sette stagioni alla Res Roma prima di coronare il sogno di vestire i colori della Lazio. Devo anche aggiungere che nel corso della mia carriera ho subito due infortuni gravi ai legamenti del ginocchio. In quel momento solamente la tenacia, la forza, la rabbia e amore per questo sport meraviglioso mi hanno permesso di andare avanti".

Giorno dopo giorno il movimento del calcio femminile sta crescendo sempre di più. Guardandoti indietro, cosa diresti alla Claudia bambina che sognava di giocare a calcio?

"L'universo del calcio femminile è in continua crescita e questo mi rende davvero orgogliosa. Ho vissuto gin inizi del movimento, compiendo sacrifici e portando avanti battaglie enormi per raggiungere tutto quello che abbiamo oggi. Alla Claudia bambina direi semplicemente di allacciarsi con orgoglio gli scarpini e correre inseguendo quel sogno che, per colpa di tanti stereotipi, altre bimbe non hanno avuto la fortuna di poter rincorrere".

Nell'ultima stagione sei tornata alla Lazio dopo un anno di lontananza. Che emozione è stata vestire nuovamente la maglia biancoceleste?

"La maglia della Lazio è la mia seconda pelle. La scorsa estate non vedevo l'ora che si potesse avverare nuovamente il sogno di vestire questi colori fantastici. Ho avuto il timore di non poterli più indossare e di non poter più difenderli in campo".

In questo senso, ti chiedo: come definiresti la lazialità?

"La lazialità per me è uno stile di vita. È quel qualcosa che ti entra dentro e non c'è cosa, persona o situazione che possa cambiarlo. La Lazio è un pensiero costante, che sia femminile, maschile, giovanile o scuola calcio. Il tutto compone una grande famiglia".

Sicuramente vestire i colori del cuore è un gran privilegio per una calciatrice. Hai mai sentito invece la pressione di questa maglia?

"No, anzi. Vestire i colori della squadra del cuore genera in me una maggiore responsabilità. Quando si scende in campo a difesa della squadra amata il tutto diventa molto più difficile: oltre all'aspetto tecnico entrano infatti in gioco l'emozione, l'adrenalina e il privilegio di indossare quella maglia. Sono cresciuta con questi colori nel cuore, ho realizzato il sogno di vedere mio fratello Simone esordire in Serie A con la Lazio e di vederlo trionfare in Supercoppa Italiana contro la Juventus. Ho avuto anche il privilegio di riportare la Lazio femminile in Serie A. Ora mi rimane un ultimo desiderio da realizzare, ossia giocare in Serie A con la Prima Squadra della Capitale. Spero di coronarlo il prima possibile".

Laziale in campo e fuori. Tante volte hai esultato con l'aquila sul petto, ma qual è il gol più bello che ha realizzato?

"Credo che uno dei goal più belli che ho realizzato nella mia carriera sia arrivato proprio quest'anno al Fersini contro l'Arezzo nell'ultima giornata di campionato. Sinistro al volo a incrociare all'angolino".

Allarghiamo lo sguardo. Quella che avete vissuto è stata una stagione intensa conclusa con una promozione solamente sfiorata. Cosa ti senti di dire alle tue compagna, a mister Grassadonia e alla Società dopo ben trentaquattro partite giocate?

"È stata una stagione pazzesca sotto tutti i punti di vista. Quello che mi sento di dire alle mie compagne è solamente un grazie enorme. Abbiamo costruito un gruppo straordinario, creato rapporti intensi e di amicizia vera come quasi mai avvenuto prima. A mister Grassadonia voglio dire che la sua professionalità, le sue conoscenze e la sua attitudine per questo sport fanno di lui un grande allenatore e un professionista esemplare. Spero davvero di poter continuare a lavorare con lui perché c'è soltanto da imparare. Alla società voglio dire grazie. Non ci ha mai fatto mancare nulla, è stata sempre presente: dal presidente Claudio Lotito, passando per il direttore generale Enrico Lotito, il direttore Fabiani, il direttore tecnico Bianchi, fino ad arrivare al team manager Caprini. La Società ha dimostrato grande passione verso l'universo del calcio femminile dandoci sempre grande fiducia".

L'ultima. Ora un po' di riposo e poi si riparte con l'obiettivo Serie A nel mirino. In quest'ottica, quanto può essere d'insegnamento il campionato appena concluso?

"Dico sempre che dalle sconfitte si costruiscono le vittorie future. Dovremo essere brave a fare questo, ripartendo dagli errori compiuti in passato per non ripeterli, affinché tutto si tramuti in qualcosa di positivo. Auguro davvero a tutto il mondo Lazio, maschile o femminile che sia, un futuro roseo e pieno di successi".

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