Il Messaggero | La Lazio va in analisi
Senza bollicine, sgasato, l’ultimo brindisi è un po’ amaro. Tutti si aspettavano di festeggiarlo diversamente, questo centoventitreesimo compleanno. Invece, ironia del destino, cade proprio sul 9 gennaio, il momento più complicato dell’anno. Il giorno dopo il pareggio beffa con l’Empoli, si cerca di esorcizzare fra i sorrisi di rito la paura di un ulteriore crollo emotivo. Giusto, perché sarebbe veramente un delitto mollare adesso. Bisogna battere subito il Sassuolo per tornare a guardare in alto e non più in basso. I punti in classifica sono sempre 31, ottimo bottino, il quarto posto resta a un passo, ma vanno debellati immediatamente tutti i sintomi della mini-crisi della Lazio. Sono dentro: manca la solidità di inizio campionato perché c’è caos nel cervello, negli ultimi anni è accaduto troppo spesso. È un eterno ritorno di blackout legati a un germe di superficialità, che non lascia mai Formello, contagia tutti e macchia ancora il cammino.
I TIFOSI FURIOSI - È iniziato a novembre il calo: 3 ko, 1 pareggio e 2 vittorie nelle ultime 6 di campionato, con lo stop di mezzo. Cinque punti persi contro Lecce ed Empoli nel nuovo anno, 13 in totale (altri 2 con la Samp, 3 con Napoli e Salernitana) partendo da una situazione di vantaggio ribaltata nel secondo tempo. Domenica pomergio pure peggio: da 80 anni, la Lazio non si faceva recuperare un 2-0, dopo aver dominato sino a 7’ dal gong. Se le partite durassero 45’, i biancocelesti sarebbero primi con 35 punti davanti a Inter (34), Napoli (33), Milan (29) e Juve (27), in questo momento. Che peccato, nemmeno Sarri riesce a stoppare questo corto circuito periodico e finisce sotto processo dopo un anno e mezzo: «La cilindrata della testa è difficilmente migliorabile, ma continuiamo a provarci con allenamenti di altissimo livello». La squadra correva a tremila nel ritiro turco, i dati confermano ancora l’ottimo stato fisico, ma si azzerano quando le gambe tremano. Secondo Sarri, manca un po’ di carattere a questo gruppo: «Ma è generoso, si allena bene e manca solo nel momento del compimento. Superando questo limite, possiamo toglierci soddisfazioni con tutti e io ci credo. Qui sto benissimo, sono motivato e a 64 anni (oggi è il suo compleanno, ndr) la lazialità mi è entrata dentro. Il presidente ormai è un amico».
IL CORAGGIO DEL PROGETTO - In estate Lotito ha però speso quasi 50 milioni e fissato l’obiettivo Champions. Sarri lo ha assecondato, pur recriminando un terzino sinistro e un vice-Immobile in organico. Avrebbe voluto Parisi e Rafa Silva in inverno, ora persino Pellegrini (ieri Fares è tornato a pieno regime, può andare al Bologna per fargli posto) e Bonazzoli sarebbero una manna dal cielo. Ma, senza certezze nell’immediato, pure Sarri torna indietro: «Il quarto posto sarebbe un miracolo». Perché è incompleta la rivoluzione della Lazio. Lotito ha intrapreso un processo di cambiamento, oggi sembra di nuovo fermo. Per esempio, il progetto Sarri alla Ferguson è incompatibile con la presenza di Tare, ma il patron tergiversa ancora sul futuro del ds in scadenza a giugno, e porta avanti in prima persona i colpi nel cassetto.
I NODI A CENTROCAMPO - Bisogna avere il coraggio di fare una scelta e crederci sino in fondo. I cicli iniziano e finiscono, anche così si può fare il bene della Lazio. Anche i big, senza motivazioni e sentimento, non sono d’aiuto. Luis Alberto e Milinkovic domenica hanno giocato per la quarta volta insieme (su 23 gare) dall’inizio, ma non si amano più come un tempo. Contro l’Empoli ispirato il Mago, che giovedì a Formello aveva scosso lo spogliatoio, nonostante le antenne sempre dritte sul mercato spagnolo. Sarri ha apprezzato, lo cederebbe comunque a gennaio, ma ora paradossalmente è Milinkovic il vero caso, confuso fuori e dentro al campo, fra rinnovo e futuro. Il tecnico voleva che Lotito sciogliesse in estate il doppio nodo a centrocampo, figuriamoci adesso: sarebbe addirittura disposto a sacrificare entrambi già a gennaio, pure in prestito con diritto o obbligo di r catto, pur di avere Ilic e altri elementi di corsa e personalità, concentrati solo e soltanto sulla Lazio.
LA GRINTA DEL CAPITANO - L’ unione è forte nel successo, nella cattiva sorte si riaprono vecchie crepe nello spogliatoio. Immobile domenica era infastidito dagli atteggiamenti di alcuni compagni e per essere stato poco servito. Il nervosismo gli è costato l’accanimento su quella palla persa su cui poi Caputo ha segnato. Ora però il capitano deve fare buon viso: «Ultimamente non siamo stati dei 'fulmini di guerra', ma non ci è mancato l’impegno e vi promettiamo che torneremo coi 3 punti col Sassuolo. Saremo fuochi d’artificio». Luce nel buio. Il Messaggero/Alberto Abbate