Eriksson, Cragnotti a "Il Messaggero": "Non solo un allenatore, un vero psicologo per la Lazio"
Intervista al "Il Messaggero" all'ex presidente della Lazio dello scudetto Sergio Cragnotti per ricordare Sven-Göran Eriksson
In un'intervista a “Il Messaggero” di stamattina, l'ex presidente della Lazio Sergio Cragnotti ha ricordato Sven-Göran Eriksson, il tecnico svedese che ha portato la Lazio a vincere il suo storico secondo scudetto, venuto a mancare ieri mattina.
Cragnotti pensava a Capello come nuovo allenatore biancoceleste, nel gennaio del 1997 si era conclusa l'era di Zeman in biancoceleste e Zoff, ma poi per caso uscì fuori il nome di Eriksson
Ero a Milano, stavo trattando e per caso venne fuori il nome di Eriksson, così lo chiamai.
Eriksson la Lazio vinse uno scudetto e sei trofei. Ma qual è il più importante?
La Supercoppa Europea, in finale contro il Manchester United di Fergusson e di Stam. Fu il nostro sbarco in campo internazionale da vincenti, un successo di prestigio. E poi, ovviamente, lo scudetto, il secondo della storia.
Eriksson aveva già un accordo con il Blackburn, in Premier
Quando lo contattammo esprimemmo subito grande interesse per la mia offerta e per i programmi che gli avevo prospettato. Volevo vincere e lui poteva essere l'uomo giusto. Così riuscì a liberarsi e lo riportammo a Roma.
Una scelta vincente
È stato veramente un grande allenatore, perché oltre a lavorare sul campo poteva ad agire anche come psicologo. Altrimenti chi li avrebbe tenuti a bada tutti quei campioni che avevano comprato?
Tanti giocatori in arrivo dalla Samp
Sapete che cosa mi disse? Presidente, lei prenda subito Mancini, Mihajlovic e Veron e vedrà che io con la Lazio vinco subito lo scudetto
Lei non li acquistò subito
No, all'inizio solo Mancini, poi ho completato l'opera l'anno successivo. Ho deciso di cambiare quasi tutta la squadra, volevo modificare le dinamiche dello spogliatoio. Dalla Samp presi anche i fisioterapisti non solo i giocatori. Si creò un gruppo.
Il famoso clan Mancini
Roberto e gli altri giocatori sono stati l'anima della Lazio e nessuno meglio di Eriksson poteva interpretarli e gestirli.
Sven sempre con il sorriso sulle labbra
Anche nei momenti più difficili, parlare sempre dal punto di vista sportivo, lui riusciva a sdrammatizzare. Era un grande personaggio, un signore di altri tempi. Onesto ed educato.
Dopo lo scudetto perso nel '99, nel mondo biancoceleste si diffonde lo sconforto
Non sul volto di Sven, che riusciva a sorridere lo stesso. Come avete visto e sentito nel corso dei suoi saluti, Eriksson è sempre stato lontano dalla negatività. Riusciva a scovare risvolti positivi nelle notizie peggiori.
Ha resistito anche durante la malattia, in cui ha invitato tutti a sorridere e a vivere bene
Per questo dico che era un vero psicologo per la Lazio e per i giocatori, non solo un allenatore. A lui dobbiamo tanto.
Lei, come presidente, non gli perdonò il tradimento inglese
Decisi di cambiare, perché non avrebbe potuto concentrarsi su due impegni così pesanti. Per lui allenare, come primo straniero, l'Inghilterra era un sogno, quasi un punto di arrivo, e allora lo lasciai andare subito e consegnai la squadra a Zoff. Ma anche in quell'occasione Sven fu limpido e sincero, come in tutta la sua carriera. Piango un amico.