Il Messaggero | Ciao Capitano, ora sei leggenda
Il capitano con la fascia rossa al braccio, mentre tutti l'avevano bianca. Il libero con il numero 4, mentre gli altri avevano il 6. I tackle in scivolata, il carisma, l'eleganza, la laurea in Giurisprudenza. Tutto lo rendeva un leader e infatti fu Capitano per 309 volte. Pino Wilson ha seguito l'esempio di tanti suoi compagni dello Scudetto del '74 fino alla fine: ha spento la luce e se ne è andato all'improvviso sabato notte per un ictus, lasciando tutti sgomenti. Due giorni prima l'ultimo intervento a Radio Incontro Olympia, poi venerdì aveva fatto sapere di essere febbricitante e le sue condizioni si sono aggravate in poco tempo.
Nato a Napoli da famiglia agiata, iniziò la carriera nel Cirio, poi all'Internapoli dove conobbe Chinaglia, poi nel 1969 arrivarono a Roma, dove divenne subito capitano in un decennio storico per la Lazio. Prima la retrocessione in B, poi la risalita, il legame indissolubile con Maestrelli, lo scudetto sfumato del 1973 e quello vinto nel 1974. Poi venne la stagione dei lutti, che piano piano cominciò a sbriciolare quella fantastica Lazio, da Maestrelli a Re Cecconi. E' scappato da Chinaglia ai Cosmos, per poi tornare a Roma e vivere un altro lutto, quello tragico di Paparelli, e lo scandalo del calcioscommesse: venne arrestato nel 1980 e squalificato per tre anni, ma pochi mesi dopo la giustizia penale dichiarerà che per i reati contestati "il fatto non sussiste". Nonostante ciò, Wilson si autopunì e rimase fuori dal calcio pur potendo rientrare come dg della Lazio. Poi il graduale riavvicinamento fino alla meravigliosa iniziativa di maggio 2014, "Di Padre In Figlio", di fronte a 65mila spettatori, mai così tante allo stadio. Il Capitano era tornato a casa sua, dalla sua gente. E ora riposerà con l'altra sua famiglia, quella dello Scudetto: verrà sepolto con Chinaglia e Maestrelli, avranno molto di cui parlare.
Il Messaggero// Andrea Sorrentino