Lazio, Sarri: "L'amore per il ciclismo è rimasto sempre, l’anomalia per me è stato il calcio. Idolo? Francesco Moser"
Attraverso un'intervista ai microfoni di Eurosport.it, l'allenatore della Lazio, Maurizio Sarri, ha raccontato la sua passione, fin da bambino, per il ciclismo. Queste le sue parole:
“La storia inizia da sempre, la mia famiglia è una famiglia di ciclisti, nonno, babbo, zii. A casa mia era pane e ciclismo, normale appassionarsi ed andare in bicicletta. È stato tutto naturale, l’anomalia per me è stato il calcio, non il ciclismo. Secondo me ero un buon ciclista e un giocatore mediocre. Probabilmente andare a correre mi “pesava” aver dietro una famiglia di ciclisti, non perché qualcuno pretendeva da me dei risultati, ero io che sentivo la responsabilità di farli: vengo da una famiglia di ciclisti, devo vincere. Mi pesava un po’, tutti i miei amici giocavano a calcio e allora ho iniziato anche io, però l'amore per il ciclismo è rimasto sempre.
Parapei? Era il soprannome di mio nonno. Qui in Toscana ci si conosce tutti per soprannomi e io me lo sono scritto anche davanti a casa in ricordo di mio nonno. Poi è diventato il soprannome del mio babbo e io ero il Parapeino secco, perché ero l'ultimo arrivato. Secco perché poi sono diventato un metro e 87, ma pesavo 69 chili, quindi ero il secco.
Ero più un passista veloce, mi divertivano tantissimo le discese, ma ancora. Penso sarei un corridore da classica in Belgio e non da grandi giri. Il mio primo ricordo del ciclismo è un Giro d'Italia vinto da Gimondi all'ultima tappa, ero veramente piccolino. La fulminata totale me l’ha data Francesco Moser. Quando andavo a giocare e c’era la Parigi- Roubaix, cercavo di calcolare le ammonizioni per essere squalificato. Ho seguito Moser con una passione enorme. Lo trovai una mattina in Versilia nei suoi primi anni di professionismo, io ero in bicicletta e lo vidi passare, girai e mi misi qualche chilometro dietro a lui. L’avevo seguito già da dilettante, babbo mi diceva sempre che c’era questo ragazzo forte forte e, ogni tanto, si andava a vederlo nelle corse qui in Valdarno. Per me rimarrà un idolo per tutta la vita, è un’emozione.
È stata un’evoluzione bella quella del ciclismo. A differenza di altri sport, nel ciclismo c’è la strada, la fatica è sempre l’aspetto predominante di questo sport. Ora abbiamo la fortuna di assistere ad un periodo bello, divertente, le corse attuali sono belle, abbiamo questi 3/4 interpreti belli spregiudicati che rendono la corsa interessante non solo negli ultimi 10 chilometri. Quello che c’è attualmente si è visto in poche generazioni.
Le corse le guardo la notte. Ad aprile, nel mese delle classiche, cominciano ad arrivare i mesi decisivi delle stagioni, maggio non ne parliamo neanche. Azzero telefonino, non guardo televisione e, quando sono le nove o le dieci riesco a chiudere con il lavoro, e mi metto a guardare tutta la tappa.
Nel ciclismo i ragazzi hanno un’attenzione ai particolari che nel calcio ancora non esiste. La differenza può essere che, nel calcio si fa un gioco, nel ciclismo si fa uno sport. Nel calcio può essere più importante l’abilità tecnica all’avere un’espressione fisica al 100%, nel ciclismo se non vai al massimo dell’espressione fisica non c’è soluzione. A livello di alimentazione penso siano molti anni avanti rispetto al calcio. Ora penso si sia fatto un balzo in avanti enorme e si vede dalle prestazioni.
Landismo e Sarrismo? Sono quelle filosofie bellissime ma quasi sempre perdenti. Il bello è il viaggio, non la meta. A noi piace la bellezza di questo viaggio, poi se porta alla vittoria bene, ma non è la sola cosa che conta.
Ho visto tanti calciatori che a 20 anni ti danno la sensazione che esploderanno, che diventeranno un crack, poi a 25 anni sono sempre gli stessi. Non so se è una mancata evoluzione fisica o mentale. Manca qualcosa.
La differenza che c’è tra il Tour ed il Giro è un po’ quella che c’è tra Premier League e Serie A. Hanno uno strapotere mediatico ed economico difficile da colmare. Speriamo che le grandi squadre abbiano più interesse anche per il Giro d’Italia e, questi nomi, viaggino anche in Italia. Siamo in un momento di attesa, abbiamo corridori che, nelle corse di un giorno, possono far bene. Ci manca quello che potrebbe dar visibilità a tutto il sistema di ciclismo Italia, quello che potrebbe far appassionare i giovani di più alla bicicletta. Per il sistema sarebbe importante avere anche un nome che vince e che fa appassionare i bambini alla bicicletta”.