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Dopo Giancarlo Oddi è il turno di Luigi Martini. Intervenuto sulle frequenze di Radiosei dopo il suo ex compagno di squadra, Martini ha voluto ripercorrere alcuni passaggi della sua carriera alla Lazio e di quella squadra magica che nel 1974 vinse il tricolore sotto la guida di Tommaso Maestrelli. Ricordiamo che i festeggiamenti per il 50° anniversario del primo scudetto sono in programma per domenica in occasione del match casalingo contro l'Empoli al quale, ovviamente, sarà invitato insieme al resto di quella squadra gloriosa.

Queste le sue parole: 

Della nostra Lazio, la cosa meno importante era la questione tecnica, malgrado la presenza di grandi campioni. La cosa decisiva da sottolineare è che non esiste altra squadra della storia del calcio che abbia quel tipo di storiaUn romanzo incredibile, una storia unica, gente che si lanciava con il paracadute, ma soprattutto il lato umano di quella squadra. Chi nel mondo può dire di aver fatto quello che ha fatto Oddi, portando Giorgio e Pino a riposare con il Maestro nella stessa cappella. Con queste cose ci fai una serie televisiva infinita, è una storia che oscura tutto ed è la ragione per cui i tifosi non se lo dimenticano. Sono storie che ti prendono l’anima. Chi non si emoziona davanti a tutto questo sbaglia.

Il ritorno all'Olimpico

Domenica all’Olimpico sarà una gioia, io devo tutto alla Lazio, parte tutto da lì, anche la mia carriera politica e da pilota. Quando penso a quella Lazio mi commuovo, i miei compagni sono stati più di amici. Quando penso a loro penso a qualcosa che è dentro di me. La figura del presidente Lenzini merita di essere portato al centro del romanzo. Il binomio con Maestrelli è stato incredibile, è stata una fusione perfetta. Tutti i venerdì andavo a casa sua, voleva sapere tutto, come andavano le cose, come andava con Chinaglia. Era un uomo di una forza morale incredibile, ho vissuto il declino con lui. La scelta di Maestrelli di spostarmi nel ruolo di terzino l’ho capita subito, ma non l’ho mai accettata (ride, ndr). In quegli anni i terzini spesso erano degli scarponi, mentre le mie caratteristiche erano molto offensive. Fu la grandezza di Maestrelli, la sua capacità di entrare dentro le persone con la sua persuasione, a convincermi

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