Grigioni: “In carriera ho creato empatia con molti portieri. Avrei voluto festeggiare le mille partite con mio padre”
Intervenuto ai microfoni di Lazio Style Radio, lo storico preparatore dei portieri biancoceleste Adalberto Grigioni, ha parlato della sua carriera alla Lazio e non solo. Non manca infatti il riferimento alle sue 1.000 partite festeggiate la scorsa domenica.
Queste le sue parole:
”Ho iniziato nel 1995 nella gara di febbraio Ternana – Baracca Lugo in C2, sono 26 anni di un percorso incredibile che non mi sarei mai aspettato ma l’ho sempre desiderato. Questo amore per questo ruolo me l’ha trasmesso un ragazzo del mio paese, era il 1961 e lui era malato di distrofia muscolare. Questo amore è cresciuto in una stanza da letto, poteva usare solo le braccia quindi mi tirava la palla e io mi tuffavo e mi diceva che sarei diventato un portiere. In quel momento facevo felice un ragazzo poi nel tempo mi sono reso conto che lui ha fatto felice me.
“È stata mia figlia che mi ha fatto fare il conto di quanti anni faccio questo mestiere. Domenica era la 780 partita con la Lazio, 220 con la Ternana. Avrei voluto festeggiare questo traguardo con mio padre che purtroppo ho perso quando era molto giovane, lui mi ha sempre spronato a fare questo mestiere. Nelle mille partite che ho vissuto ne ho saltata solo una, contro il Cagliari in cui abbiamo vinto 2 a 1 con il gol di Caicedo. L’unica partita che ho saltato perché era venuta a mancare mia mamma”
“La cosa che mi soddisfa del mio lavoro è che sono riuscito ad avere sempre un’empatia particolare con i portieri, empatia nata attraverso il lavoro. Io ho cercato sempre di trasmettergli la voglia di allenarsi e il piacere di farlo, non ho un preferito mi sono trovato con tutti bene. Merito loro che si sono adeguati alle mie regole ma anche mio per avergli trasmesso la voglia di allenarsi e tutte quelle sfaccettature che rappresenta il portiere. È il ruolo più difficile e ognuno ha il suo modo di interpretarlo per me sono tutti artisti, io li chiamo numero 10"
“Muslera? Lui era molto bravo, quando è andato via mi ha detto che per lui sono stato un secondo papà. Aveva la capacità di resettare ogni volta che faceva un errore, era un punto di forza. Non bisogna ripensare agli errori altrimenti ti bloccano. Lui era attentissimo agli insegnamenti e fece dei miglioramenti incredibili. Nenci è un grande professionista mi trovo bene con lui”