Storie di Serie A, Lotito: "Io da sempre tifoso della Lazio. Mio figlio continuerà quello che ho iniziato" VIDEO
Il presidente biancoceleste Claudio Lotito è intervenuto a Storie di Serie A, il format di Alessandro Alciato su Radio Serie A con RDS che racconta le storie di grandi personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nel campionato italiano.
"Ho tre telefonini perchè sono legati alle attività che ho: calcio, azienda e vita privata. Sono abituato alle telefonate extra dei rompiscatole che mi minacciano di morte. Ci sono dei momenti particolari che ricevo 200-300 telefonate in una giornata, io sono abituato a combattere certi comportamenti: voglio far valere il rispetto delle norme e delle istituzioni. Sono un combattente e mai un reduce, trovo assurde alcune situazioni che vengono etichettate come "normali": la critica costruttiva è ben accetta, ma non la diffamazione. Dobbiamo recuperare il valore dello sport.
Io vivo sotto scorta. È una vita che limita la privacy ma fa parte del ruolo che occupo. Io sono abituato ad adattarmi all'ambiente in cui mi trovo. Con la squadra facciamo molta prevenzione per educare ai valori dello sport. Nello sport vale il merito ma anche la sana competizione, lo spirito umano. Spesso nel nostro mondo questo si è perso. Kant faceva la differenza tra fenomeno e noumeno. Quando uno conosce le proprie qualità e sa misurare i propri limiti sa comportarsi razionalmente. Oggi le regole sono sempre meno. I giovani oggi si applicano sui telefonini e non hanno la capacità di emozionarsi, il tifoso del passato era più passionale. Oggi c'è molta apparenza, mentre noi vogliamo riportarli sui valori.
Io ho il telefonino di una volta, preferisco usarlo come mezzo di comunicazione e non di sostituzione del rapporto umano. Ho la possibilità di avere considerazione delle persone e affetto. Penso che il comportamento sia fondamentale per stabilire rapporti e avere credibilità; alla lunga paga.
Io sono sempre stato un tifoso della Lazio, da quando avevo 5 anni. Io sono un tenace e la Lazio non stava navigando in alta classifica, poi vinse lo scudetto. Sembro giovane, ma ho 66 anni.
La sfida mi è stata proposta da Silvio Berlusconi, una persona che aveva la capacità di vedere cosa sarebbe successo nel tempo: in quel momento era Presidente del Consiglio. Mi fece una telefonata, eravamo amici, e mi disse "Sto partendo per l'America, l'unico che può risolvere questo problema sei tu". Nel 2004 l'azienda Lazio aveva debiti ed era considerata una sfida impossibile, per me era al limite. A me piacciono le sfide, per cui ho accettato. A una domanda precisa Berlusconi disse "Per un problema di ordine pubblico ho impegnato un mio amico". Ho trovato subito un mondo particolare, perchè si pagavano persone che producevano perdite. Per me che sono sempre stato imprenditore non era pensabile e questo ha determinato un'applicazione dei metodi imprenditoriali all'interno di una storia. Io sono un presidente tifoso.
Per me sarebbe stato più facile prendere la Lazio al fallimento, ma io mi sono caricato tutti questi debiti. La Lazio aveva 580 milioni di debiti col fisco. Applicai una legge dello Stato, non fatta ad hoc per il sottoscritto, perchè esisteva dal 2002. Ora mancano 4 anni. Ho sempre pagato tutte le rate in anticipo, perchè non erano soldi miei ma della collettività. Conto di chiuderla definitivamente nel 2027.
In 19 anni c'è stata una grande rivoluzione del modo di pensare il calcio. Io ho cercato di combinare la gestione con i risultati. Oggi la Lazio è una delle società più solide, con un buon patrimonio immobiliare e ottimi giocatori. Dopo la Juventus è la società che ha vinto più trofei di tutti. Io concepisco il mio ruolo come un ruolo di servizio, la società fa riferimento alla mia persona. Come tutte le società quotate si governano col 20%, ma io ho la Lazio al 70%. La società di fatto è la mia, a parte la parte residuale. Al di là dell'aspetto civilistico, io coltivo sentimenti e passioni comuni: ho l'obbligo di preservare, mantenere e trasmettere i valori. La Lazio ha avuto un salto in avanti dalla mia presenza.
Io non ho tratto nessun vantaggio dalla Lazio. Quando sono subentrato e ho pagato il leasing di un fabbricato importante, potevo riscattarlo con un milione e mezzo. Io ho detto no perchè la quota l'aveva pagata la Lazio, io ci ho rimesso tanto: in termini di lire italiane ho messo 150 miliardi per prendermi 1070 miliardi di debiti. Non possono esserci oggi società indebitate e altre che stanno bene ed evitano di fare investimenti.
Voglio che mio figlio prosegua questo percorso e sulla base di questo voglio rendere forte la Lazio. Mio figlio Enrico si occupa del settore giovanile e questo mi dà soddisfazione, conosce tutti i giocatori e ha conseguito una laurea in legge e sarà avvocato ma senza esercitare la professione. Lo fa con passione e trasporto e questa è una bella cosa. Non dobbiamo legare lo sport all'interesse materiale. Bisogna valorizzare i ricavi e gli sponsor però non deve andare a deperire il valore dello sport. In 19 anni ho speso per la Lazio.
Nonostante io non avessi obbligo, ho preso soldi dal mio conto personale. Per cui voglio dire che ho fatto questo per dimostrare che le considerazioni che fanno le persone non sono la realtà. Io ho un centro sportivo (Formello) su cui ho fatto un grande investimento: Infantino era rimasto molto colpito. Abbiamo circa 20 specialità e situazioni funzionali all'attività. Adesso ho ultimato l'arredo del comparto femminile. Con la Women saremmo dovuti essere in A, sarebbe stato un valore aggiunto. La Primavera lo scorso anno ha vinto il campionato, la femminile è prima in classifica. Quindi seguendo le cose, i risultati arrivano.
Io mi chiedo: vogliamo far crescere il sistema del calcio femminile? Serve avere anche un buon impianto. Il Pomigliano ad esempio si è ritirato, quindi si è falsato sia il campionato di Serie B e sia quello di A. Nello sport servono idee, ma servono anche le risorse: sennò non si possono pagare gli stipendi e fare le infrastrutture. Chi è preposto al sistema deve prevedere anche questo. Il mio rapporto con la fede? Io sono stato educato ai valori cristiani e cattolici. Lo stesso rispetto dell'essere umano nella sua interezza. Io penso sempre che qualcuno abbia tracciato per noi un percorso e dedico una parte del mio tempo, anche se limitato, alla messa (non ne ho mai saltata una). Quando ero a Riad ho organizzato una messa nell'ambasciata trovando un prete francese. Cerco di professare i valori del Vangelo nella vita quotidiana. Sono orgoglioso di professarli. Immobile se resterà alla Lazio? Dovreste chiedere a lui. Noi confidiamo molto in lui e da parte mia non c'è intenzione di venderlo. Le voci di mercato su di lui mi lasciano perplesso, che lui possa andare in Arabia mi sorprende. Non penso che sia così, anche perchè ha un contratto con noi. Per me Ciro è una persona di famiglia e ho un affetto nei suoi confronti, nel calcio poi possono capitare dei problemi ma sono convinto che tornerà ad essere il giocatore di sempre. Luis Alberto è una persona caratterialmente particolare, in questo momento è collaborativo. Quando è andato via Milinkovic, Luis aveva un'offerta dall'Arabia ma ho ritenuto che dal punto di vista tecnico potesse incarnare lo spirito dello spogliatoio. Dando via Milinkovic, ha salito un gradino ed è diventato un punto di riferimento. Felipe Anderson è una persona d'oro, molto religioso e abbiamo una grande affinità. Stiamo intrattenendo rapporti, non c'è rottura per il rinnovo del contratto ma si tratta di trovare un punto di incontro. Cataldi è cresciuto nel settore giovanile ma aveva un fisico non ancora sviluppato per cui lo mandammo a giocare in una squadra satellite e poi lo abbiamo ripreso. È romano e laziale come Romagnoli che è voluto venire alla Lazio e ha quei valori della provincia sani. Ha fatto una scelta di cuore, di appartenenza, di lazialità. Io ho il concetto di "ecclesia", ossia assemblea. La Lazio è una grande famiglia dove ognuno ha il proprio ruolo: si vince e si perde tutti insieme. Sta a loro dimostrare il loro valore. La scelta degli ultimi giocatori l'ho fatta anche sulla base dei valori. Il derby? Qualcuno mi dice che sono impassibile durante le partite, ma il mio tumulto è interiore. Il derby è un campionato nel campionato, è un appuntamento importante e spero che la squadra ritrovi la forza di esprimere al 100% le proprie potenzialità per i nostri tifosi. La Lazio deve migliorare tante cose, tra cui il suo presidente. Tutti sono utili e nessuno è indispensabile ma dobbiamo avere coscienza dei nostri mezzi e esprimerli. Sarri è un grande insegnante di calcio. È una persona caratterialmente particolare che va d'accordo con me, abbiamo dei confronti dialettici. Non abbiamo mai litigato. Io svolgo il mio ruolo e dopo 20 anni riesco a capire le esigenze della società, del gruppo. Non lo dico per presunzione, ma io ho anche preso la Salernitana che stava in Eccellenza e poi è tornata in A pagando 350 milioni a fondo perduto ed è stata ripescate in Serie D. In B mi sono dovuto fermare sennò avrei dovuto vendere la squadra. La piazza era insofferente e c'erano delle situazioni che non mi garbavano, così come direbbe Sarri. La Salernitana è stata svenduta e a me mancano ancora 10 milioni. Sarri ha le sue idee ma penso che lui abbia stima della mia persona. Mi risulta che lui abbia grande considerazione della mia persona e l'ha espresso in un'intervista pubblica dove mi ha definito una delle persone più intelligenti che lui abbia mai conosciuto. È chiaro che di fronte alle situazioni, ai posteri l'ardua sentenza. Lui chiedeva Ricci, Berardi. Io ho tentato ma ho ricevuto delle richieste fuori da qualsiasi logica sia in termini economici che in termini di età. E feci quella battuta sui ricci. Abbiamo preso Rovella ma non pensa sia inferiore a Ricci. Zieliński sta ancora nel mercato. Berardi sta ancora al Sassuolo. È chiaro che è un percorso più lungo perchè Sarri deve far crescere i giocatori. Quello che conta è la tenuta mentale, la concentrazione. Il campione è quello che riesce sempre a esprimersi al 100% delle proprio potenzialità. Rimprovero alla Lazio solo la mancanza di determinazione, la combattività, il furore agonistico. Il derby a cui sono più legato è quello del 26 maggio. È stato un evento particolarissimo, i laziali sembrano meno coinvolti emotivamente mentre l'altra sponda è più caciarona. Non raggiungendo l'obiettivo, spariscono. Due grandi risultati i due derby passati, hanno creato un grande trasporto dentro la squadra".