Il gol iniziale di Zaccagni - il 3° al Sassuolo quest'anno, dopo la doppietta alla prima giornata con l'Hellas - aveva dato l'illusione che potesse essere una domenica diversa per la Lazio. E perché no, anche di una possibile svolta dopo la vittoria in trasferta di domenica scorsa contro la Sampdoria. Invece no, è stato il contrario: è stato l'inizio della fine. Perché la Lazio ha subito smesso di giocare, non è più riuscita a costruire pericoli (salvo contropiedi sporadici di Pedro, uscito all'intervallo, e la punizione finale di Basic, traversa e palo) contro un Sassuolo messo meglio in campo, con più voglia e con più intensità.

L'ambiente laziale temeva questa trasferta e ne aveva ragione. Svariati, i motivi, oltre che per la qualità degli avversari. Perché è ormai una costante che la Lazio non riesca a trovare continuità dopo l'Europa League. È una triste verità, già ammessa da Sarri qualche tempo fa: "Questa squadra non regge le due competizioni". Infatti quella di ieri è stata la 4a sconfitta in seguito all'impegno europeo, poi un pareggio (Cagliari) e una sola vittoria (con la Salernitana): numeri che evidenziano i limiti strutturali e mentali della rosa biancoceleste.

Non c'è neanche da stupirsi per la sconfitta in trasferta: la Lazio fuori da Roma ha vinto solo 2 volte in campionato e ha subito gol nelle ultime 13 uscite lontano dall'Olimpico, solo lo Spezia ha una striscia peggiore (18). Inoltre ieri mancavano sia Milinkovic che Luis Alberto, i due fari del centrocampo e dell'intera squadra: senza di loro nelle 7 partite di campionato (dal 2016) un solo successo e 5 sconfitte, più un pareggio.

Nessuno di questi motivi - sia chiaro - è una giustificazione per la prestazione di ieri della Lazio, che si è svegliata soltanto nel finale, quando ormai era troppo tardi. Semmai sono dei limiti da analizzare molto bene a meno di un mese dall'inizio del mercato. Qualcosa non va, è evidente e bisogna intervenire.

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