Il Messaggero | Tanta Inter, ma la Lazio non c'era
Una resa ingiustificata dal fischio d’inizio. La dodicesima finale di Supercoppa servita su un tappeto volante all’Inter pigliatutto, vissuta dalla Lazio come un peso fin dalla partenza, nei musi lunghi di martedì a Formello. Ecco perché non bastano i cerotti a spiegare al Lotito furioso – e ai 180 paesi collegati con Riad oltre che ai 20mila tifosi sugli spalti all’Alawwal Park – questo scempio. Rimbombano invece gli sbuffi di Sarri dentro lo scarso impegno, il suo disagio in uno spirito biancoceleste apatico, opposto a quello indomito del ko rimediato in campionato (l’ultimo, prima di 5 vittorie di seguito) contro l’ex Inzaghi, dopodomani sera alla ricerca del suo quinto trofeo in questo torneo, come nessun altro italiano. La differenza di mentalità e fame degli allenatori, più del rapporto di forza fra le due compagini, determina un dislivello assoluto. I biancocelesti partono sconfitti, mancano di agonismo e di orgoglio. I nerazzurri stravincono, si divertono e si limitano a un 3-0 (firmato da Thuram, Calhanoglu e Frattesi) persino troppo stretto.
IL PRESAGIO - Il presagio del triste risultato in casa Lazio è già nel provino storto di Zaccagni, definitivamente out nel riscaldamento. Sarri prova a forzarlo (dal momento che sarà squalificato contro il Napoli domenica nella corsa Champions), ma poi rilancia Pedro con Immobile e Felipe Anderson. L’Inter parte forte, cerca subito l’ampiezza con il 3-5-2, intimidisce Provedel con un siluro di Barella e il rodaggio di Thuram a fil di palo. I nerazzurri occupano l’area e non danno punti di riferimento, i biancocelesti tremano, si schiacciano, non sembrano essere usciti proprio dallo spogliatoio. C’è un dominio assoluto, un tiro al bersaglio, Sarri invoca invano il pressing, un fraseggio sparito. In costruzione Calhanoglu fa il bello e il cattivo tempo, Barella e Mhhitaryan si inseriscono fra le linee, e arriva il peggio ormai annunciato. Il cross di Bastoni da sinistra è perfetto, il tacco in area di Dimarco manda tutta la difesa a vuoto, Thuram è un cecchino. L’Inter non si ferma, cerca subito anche il raddoppio con Darmian, non concede respiro né mezzo metro alla Lazio. Così Felipe ci prova con uno sterile diagonale da lontanissimo, Vecino mira il cielo. Provedel ferma invece in due tempi Lautaro e Thuram in angolo, un cross di Calhanoglu sfiora il palo. Le marcature biancocelesti saltano, in mediana non esiste copertura, i reparti si sfilacciano e non scivolano. Meno male che Barella spacca l’incrocio e Romagnoli mura Thuram sulla linea nel finale del primo tempo.
LA SUPERFICIALITÀ - C’è ancora una speranza di rilancio, Pedro la spezza a inizio ripresa con un calcione sciagurato in area a Lautaro. L’arbitro Marchetti viene richiamato al Var e assegna il quattordicesimo rigore stagionale nerazzurro, trasformato da Calhanoglu dal dischetto. Sarri taglia i fantasmi Rovella e Guendouzi in panchina, inserisce Cataldi e Luis Alberto, che perde un brutto pallone appena entrato, ma verticalizza di più il gioco. Lautaro colpisce un altro incrocio, poi accarezza il legno all’angolino. Immobile è spaesato, isolato, e viene murato sul più bello nell’unico tiro concesso (insieme a quel gol annullato nel finale per un controllo di mano, tifosi piuttosto furiosi per il sorriso sul gong). Lotito si alza dal suo posto al 60’, forse per svegliarsi dall’incubo. Torna e ritrova Isaksen, punito per l’approccio gel mogio col Lecce, come se invece fosse migliore quello dei compagni in questo appuntamento. Dentro anche Pellegrini, per la prima volta insieme a Lazzari in campo. Lazio tutta all’attacco alla ricerca di un episodio, regalato invece da un superficiale Luis Alberto all’Inter per chiudere l’incontro: punizione battuta sui piedi di Mkhitaryan, ripartenza e assist di Sanchez a Frattesi per il terno secco. Sarri scaraventa gli appunti al suolo d’Arabia, forse è il suo unico vero spunto d’orgoglio. Sarebbe stato giusto mostrare prima la voglia di provare a tornare nella Capitale con una Coppa dopo due anni e mezzo di lavoro. Viaggio breve, non intenso, finito con il peggior epilogo. L’Inter rimane a Riad per sfidare il Napoli e sfilargli la Supercoppa prima dello Scudetto. Il Messaggero/Alberto Abbate