Il Messaggero | La Lazio sotto processo
Buio pesto. La Lazio ora si è spenta del tutto. E la magica nottata con il Milan resta un abbaglio perché, insieme al 2-0 a Reggio Emilia, è l’unico successo del nuovo anno: appena 9 punti nelle ultime 8 gare, 11 gol subiti e 11 segnati sono un triste bottino. Anche se rimane a soli due punti la Champions, preoccupano l’involuzione del gioco ormai dal 24 gennaio e di una squadra spremuta all’osso. È inquietante come l’Atalanta abbia ottenuto uno 0-2 quasi “passeggiando”. Di fatto così svanisce anche il grosso rammarico per le due occasioni di un Immobile irriconoscibile per tenuta, scioltezza e fiuto del gol. Grandi chance nel vuoto, con la spiacevole sensazione che le avversarie sappiano ormai come “prenderti” ovvero annientarti con un pressing forsennato. La Fiorentina, il Verona, soprattutto l’Atalanta coadiuvata da valori di un altro calibro. Perché è impossibile non accorgersi che dalla panchina il Gasp chiami Zapata e Boga (Muriel era a Bergamo), per esempio, e Sarri invece si volti senza trovare nessuno per cambiare l’inerzia dell’incontro. Ecco perché non può finire solo il tecnico sotto processo, ma vanno allargati a tutti i fischi dell’Olimpico.
GIOCATORI E SOCIETÀ - «Tirate fuori le palle», urla la Curva Nord al giro di campo della squadra dopo il ko. Nessun mordente, gara consegnata immediatamente all’avversario. Tanta imprecisione, poco coraggio. La Lazio dimostra di nuovo di avere poco carattere e scarsa personalità nei momenti no. Contro l’Atalanta il black out non arriva nel secondo tempo, i biancocelesti subiscono subito gol nel primo, come non accadeva dal 3 settembre contro il Napoli all’Olimpico. E, se è vero che Immobile sciupa due chance d’oro e su Zaccagni c’è il miracolo di Musso, i tiri del 2023 (media di tre a match) sono davvero un oltraggio per quello che sarebbe il quinto attacco di questo campionato. Ora pure a corto di fiato, perché giocano sempre gli stessi e sono in calo vistoso. Sbiaditi pure Milinkovic e Luis Alberto, due casi-mercato irrisolti da tempo a cui adesso Sarri è costretto addirittura ad aggrapparsi, anche quando sono in giornata no. Restano in campo e, forse, anche questo è un messaggio a Lotito e soprattutto a Tare, che tanto si era lamentato a gennaio perché Maurizio avrebbe rinunciato ai due big pur di avere rinforzi più adatti alla sua Lazio. Invece ecco “solo” un terzino sinistro, Luca Pellegrini ancora inutilizzato, nessun centrocampista di corsa e nessun jolly offensivo, nonostante un allarme Immobile assordante da tempo. La società pretende la Champions, ma quale aiuto ha dato? In estate sono stati spesi quasi 50 milioni per ringiovanire l’organico, gli oltre 10 milioni per Maximiano uno spreco. Così come gli 8,5 per Cancellieri, che a Verona aveva solo assaggiato la Serie A e non è ancora pronto. Pesa sulle spalle di Sarri, Marcos Antonio, sebbene sarebbe stato tutto diverso con Ilic al suo fianco.
IL TECNICO - Vanno oltretutto rapportati alle altre big gli investimenti della Lazio. Sarri continua a ribadire che avrebbe preteso innesti da 20-30 milioni (utopistico per il bilancio), se Lotito avesse fissato l’obiettivo Champions. Maurizio adora il patron, ma si è sentito abbandonato dopo il comunicato post-Sassuolo e ha deciso allora di stringersi intorno allo spogliatoio, prima di fare le sue scelte definitive a fine campionato. Il tecnico sa benissimo che la Lazio non sta esprimendo il suo calcio, ma preferisce difendere il gruppo e tenerselo stretto dalla sua parte in questo momento in cui alla fine c’è solo lui sul patibolo. Sarri però può e deve fare qualche rotazione in più e trovare qualche soluzione diversa a livello tattico. Ripartire si può, la classifica è corta e caotica, il cammino lungo e tortuoso. Ci sono luci in questo salto nel buio. Il Messaggero/Alberto Abbate