Il Messaggero | Lotito, tutto su Sarri: "E' blindato"
L’emozione ha una voce rotta non solo dalle sigarette: «Tuo per sempre». Un’altra esplosione del cuore, l’ennesimo atto di fede biancoceleste. Come Chinaglia, Sarri si è ammalato di Lazio inguaribilmente. E, come Pulici, ripete: «La Lazio ti entra dentro», è lei che ti sceglie. La storia si ripete. E il popolo si scioglie ai piedi di Maurizio dopo quest’ennesima dichiarazione d’amore: «La Lazio è strana: da fuori non ti rendi conto, dall’interno la lazialità ti invade. Qui sto bene, tutti mi hanno fatto sentire importante e partecipe. Ho altri due anni di contratto e, se non succede nulla di clamoroso, ho un progetto a lunga scadenza, voglio chiudere qui la carriera e smettere di allenare». Lotito è euforico, ora deve dargli solo la chiave per non mollare: «Non c’è bisogno ancora del rinnovo. L’ho già fatto blindandolo a giugno scorso con altri due anni e mezzo di contratto. Dobbiamo proseguire su questa strada e con questa unione. Mai avuto dubbi su Maurizio e il suo spessore». Sarri è il suo più grande colpo, sta dimostrando di essere la soluzione. Alzi la mano chi a inizio anno avrebbe scommesso sulla Lazio seconda a 10 giornate dal termine. Solo Tare: «Non è una sorpresa per me». In questo 2023 i biancocelesti hanno battuto il Napoli - che sta facendo una corsa a sé - e, nelle ultime 6 partite, si sono messi alle spalle corazzate ben più attrezzate. Guai a sminuire questo miracolo del Comandante.
CILIEGINA - Solida, equilibrata, e ora anche continua e matura dopo un anno e mezzo. Oggi più che mai questa Lazio somiglia a quella macchina perfetta che l’allenatore toscano aveva messo in piedi prima a Empoli e poi a Napoli, dove sfiorò lo scudetto. E infatti Mau è il primo a complimentarsi con il suo gruppo: «Sono orgoglioso di voi - il discorso ieri alla ripresa a Formello - ma ora dobbiamo stare ancora più in allerta per non cadere di nuovo negli errori di superficialità di un tempo». Un trionfo senza bomber Immobile, fuori addirittura 16 partite con meno di 25’ (12 saltate del tutto). Il vice-Immobile, Sarri, se lo è inven- tato adattando di volta in volta Zaccagni, Felipe Anderson e Pedro. Persino l’ipercritico Di Canio esalta Maurizio: «Il Bar Corallo del mio quartiere al Quarticciolo ha tre punte, Sarri ne ha una, fa funzionare tutto e sta facendo qualcosa di straordinario». Rimboccandosi le maniche, senza dire più nulla sul mercato, sottolineando soltanto l’ampiezza di altri organici e la differenza di budget di Inter, Milan, Juve e Roma, oggi tutte dietro.
COMANDANTE - La forza di Maurizio è essere entrato nella testa del suo gruppo. Il salto è stato fatto a dicembre nel mini-ritiro turco. Sarri ha tolto ogni privilegio e convinto Luis Alberto a correre avanti e indietro. Ora poco importa che il Mago lo mandi a quel paese al cambio, l’importante è che continui a giocare in questo modo. Non contano nemmeno le gelosie che esistono dentro ogni spogliatoio perché questo tecnico ha imparato a gestirlo come faceva Maestrelli nel 74’. Sarri ha protetto Milinkovic sotto tono, riabilitato Romagnoli, Cataldi, Vecino e Pedro, lanciato Casale, reso letale Zaccagni, stakanovista Felipe Anderson e voluto e fatto esplodere con il suo staff un portiere ‘poco sponsorizzato’ come Provedel, senza considerare i tre derby vinti contro Mourinho. Ha infilato 16 punti su 18 nelle ultime 6 giornate con due serie di almeno 6 clean sheets di seguito. Se non è un capolavoro, questo. La prova del nove potrebbe arrivare con i 3 scontri diretti contro Juve, Inter e Milan - i nerazzurri che, dopo il rifiuto agli Emirati Arabi, sono tornati pesantemente sotto - da qui al 7 maggio. Già sabato contro i bianconeri di Allegri, Sarri da grande ex potrà mettere il primo dei 3 punti esclamativi necessari a cementificare questo trionfo temporaneo. E soffiare quei 45 milioni di euro di budget Champions a chi non considerava la sua Lazio fra le reali competitor. Poi starà a Lotito far partire definitivamente il progetto alla Sir Alex Ferguson. Sarri è innamorato, non ha tradito e guai a tradirlo. Il Messaggero/Alberto Abbate