Francesco Panella, ristoratore e conduttore televisivo, ma soprattutto un grandissimo tifoso della Lazio, è intervenuto a Febbre a 90, programma condotto da Fabio Caressa, in cui ha parlato del suo amore per la squadra biancoceleste.

Quando hai capito di essere entrato nella famiglia laziale?

Prestissimo. Mi piace tantissimo l'accostamento dei colori, la purezza, lo stile. La Lazio nasce da molto lontano, quindi la storicità di questo club mi ha sempre appassionato. A Roma negli anni in cui sono nato c'era un 50 e 50. Roma all'epoca era divisa diversamente, c'erano tanti laziali quanti romanisti. Mio padre era un tifoso laziale un po' anomalo perché nel mio quartiere, Trastevere, c'erano pochissimi tifosi laziali, ma quelli che c'erano erano abbastanza particolari (ride, ndr). Papà prese le difese di questo signore in uno storico bar del quartiere. Prendevano in giro questo signore perché era laziale, per cui mio padre divenne della Lazio per difenderlo. Era un laziale atipico, ma ha trasmesso questa cosa a me e ai miei fratelli. 

Hai vissuto poco lo scudetto del '74, essendo nato nel 1969

Ho dei ricordi flebili, ma le gesta di quella squadra si sono tramandate di generazioni in generazioni, anche quando le cose andavano male nella Lazio, quella iconicità è rimasta indelebilmente nella nostra mente. Era una squadra fortissima.

È mancato un leader dopo Giorgio Chinaglia?

Come appiglio c'era già in campo con loro Bruno Giordano, che per me era il più grande giocatore della Lazio che abbiamo mai avuto. Era di Trastevere come me, lo vedevo spesso perché era molto amico di mio padre. Con lui sono molto amico, ci sentiamo due volte al giorno. 

Bruno Giordano è intervenuto telefonicamente durante la trasmissione, le sue parole nella prossima pagina

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