CorSera | Futuro garantito: ora la Lazio ha capito Sarri
Non erano parole a caso. E nemmeno frasi di circostanza. Maurizio Sarri, prima ancora di arrivare alla Lazio, ha sempre puntato il dito contro i troppi impegni del calcio moderno. «Questo sport deve essere salvato da se stesso e dalle proprie istituzioni - ha dichiarato in passato -. Si sta percorrendo una strada sulla quale è impossibile mostrare bellezza. Dover giocare 6o-70 partite all'anno porta i calciatori ad allenarsi di meno e a produrre un gioco meno spettacolare e affascinante. Siamo in un momento in cui lo sport è diventato business, in cui conta più l'apparenza. E una cosa ridcola». Sarri è meticoloso, non lascia nulla al caso. Per questo, come da lui stesso sottolineato a gennaio, i giocatori che i suoi club acquistano a stagione in corso faticano a inserirsi rapidamente (si veda il caso di Luca Pellegrini…). I meccanismi di squadre sono studiati e provati fino allo sfinimento, spostare una nota significa stonare. Proprio per questo la Lazio, nei giorni scorsi, ha pubblicato sui social un video in cui, con in sottofondo la nona sinfonia di Beethoven, si mostrano le migliori azioni dei biancocelesti e si definisce Sarri un direttore d'orchestra. Per questo Sarri soffre i tanti impegni ravvicinati, perché gli impediscono di allenare e, quindi, di incidere. I risultati e, sopratutto, il modo in cui la Lazio si sta esprimendo in queste settimane, gli danno ragione. La Lazio gioca bene, molto bene: le cose funzionano in fase sia offensiva (meravigliosa l'azione del 2-0 con lo Spezia) che difensiva (nessuno ha incassato meno reti in serie A). Anche l'esperienza di Sarri alla Juventus dimostra che per conquistare lo spogliatoio ha bisogno di giocatori che non si sentano arrivati, che si mettano a disposizione. «Questa squadra è la più aperta all'ap-prendimento», ha spesso ribadito parlando della Lazio. Per questo, più tempo Sarri riesce a passare con i giocatori e più questi rendono. E in particolare i miglioramenti del reparto arretrato lo dimostrno. Nel rendimento difensivo pesano, indubbiamente, anche le qualità dei singoli: Romagnoli, per esempio, si è dimostrato leader tecnico e carismatico. Ma lavorare con Sarri ha migliorato anche lui, tornato in Nazionale dopo anni. Perché il lavoro paga, ma affinché succeda bisogna avere tempo. Ecco perché le lamentele di Sarri non erano casuali. Corriere della Sera/Elmar Bergonzini