ESCLUSIVA | Riccardo Cucchi: “Derby imprevedibile, non c’è una favorita. Sarri ha dato un’impronta di gioco alla Lazio, la Roma è forte nei singoli. Immobile? Straordinario. Sul ricordo di Pino Wilson…”
L’attesa sta per finire. Mancano poco più di 24 ore al fischio d’inizio del derby Roma-Lazio. Una partita speciale, che tutti i tifosi della Capitale attendono con ansia da quando vengono sorteggiate le date del calendario di Serie A. In termini di campionato la squadra di Sarri arriva con un punto in più dei giallorossi, entrambe in lotta per un posto in Europa. Ma il derby è una partita a sé, vale molto di più dei tre punti. In vista della stracittadina in programma domani pomeriggio allo Stadio Olimpico di Roma, la redazione di LazioPress.it ha intervista, in esclusiva, il giornalista ed ex radiocronista sportivo Riccardo Cucchi, noto tifoso della Lazio. Con lui si è parlato principalmente di derby, ma non solo: da mister Sarri a Ciro Immobile, passando anche per la storica Lazio del ’74, nel ricordo del grande Capitano Pino Wilson.
Manca poco più di un giorno al fischio d’inizio di Roma-Lazio, una partita che “ferma” la Capitale: il tifoso Riccardo Cucchi come vive l’attesa del derby?
“Come tutti i derby, anche questo lo vivo con grande emozione. Il derby è anche nell’attesa. Ne ho vissuti tanti, da tifoso prima ed anche oggi che ho smesso di lavorare, ne ho raccontati tanti alla radio. Chi non vive a Roma forse non comprende fino in fondo cosa sia il derby, è la partita che i tifosi attendono per tutta la stagione. È un termometro importante per valutare la stagione: può essere considerata positiva o negativa, spesso più che in funzione della classifica, in base all’esito dei due derby di campionato. Da un certo punto di vista è anche divertente”.
La vittoria contro il Venezia ha permesso alla Lazio di arrivare al derby con un punto in più rispetto alla Roma. Entrambe in lotta per un posto in Europa, che partita ci dobbiamo aspettare domani?
“Sono due squadre diverse, ma alla fine di equivalente valore tecnico, la classifica stessa lo dice. La Lazio è quinta, la Roma è sesta, vuol dire che, a ridosso delle prime quattro, ci sono le due romane. Tutti i tifosi, di entrambe, avrebbero voluto un campionato più glorioso da parte della propria squadra, ma credo che sia un dato importante essere le seconde forze dopo le prime quattro. Le aspettative erano diverse, soprattutto sul versante giallorosso con l’arrivo di Mourinho. In casa Lazio sapevamo tutti che, l’arrivo di Sarri, avrebbe previsto un anno di transizione, un tempo necessario in cui i biancocelesti apprendessero la filosofia di gioco del nuovo allenatore. La Lazio è una squadra che propone gioco, soprattutto nelle ultime partite ha dimostrato di avere una bella fluidità di manovra. La Roma sembra un po’ appannata, ma è forte nei singoli. Sarà un derby imprevedibile, impronosticabile come tutti i derby, ma questo in particolare perché non c’è una favorita, sarà il campo a decidere chi prevarrà sull’altra”.
Dopo un inizio tra alti e bassi, ora la Lazio sembra aver trovato i giusti equilibri. Come giudica il lavoro svolto da Sarri fin qui? Cosa manca ancora a questa squadra per esplodere definitivamente?
“Il lavoro di Sarri va valutato positivamente. Era difficile per la Lazio “uscire” dalla mentalità che, in cinque anni, aveva imposto Simone Inzaghi, un gioco diverso, però mi sembra che ora il processo stia andando bene. Soprattutto nel modo di giocare di Sarri conta più il collettivo, l’insieme di individualità di assoluto valore: penso a Luis Alberto, a Milinkovic, a Leiva che ha giocato una gara straordinaria con il Venezia, a Immobile, Zaccagni, Pedro. Non è detto che nel calcio di Sarri non siano importanti le individualità, lo sono, ma lo diventano ancora di più se messe al servizio della squadra. Per me il risultato più importante riguarda Luis Alberto, inizialmente sembrava avulso al gioco dell’allenatore, giocava poco; ora è tornato un titolare che ha capito cosa vuole da lui Sarri e, di questo, non può non trarne vantaggio la Lazio”.
Da una parte Sarri, dall’altra Mourinho, due allenatori di grande livello. Viste le due squadre per gran parte della stagione, chi dei due ha inciso di più? Cosa teme dei giallorossi?
“Non perché sono un laziale dichiarato, ma credo che Sarri abbia inciso di più rispetto a Mourinho per il momento. Non sul piano della classifica, le squadre si equivalgono in termini di punti conquistati, ma sul piano del gioco. Sarri ha dato un’impronta di gioco, la Lazio è divertente, è bella da vedere. La Roma invece fatica ad esprimere un gioco, a volte sembra poco lucida malgrado abbia grandi individualità. Io sono un grande estimatore di Abraham, lo ritengo uno dei calciatori più importanti arrivati nel nostro campionato in questa stagione.
Cosa temere? Nel derby la cosa che conta di più è la voglia di vincere e metterla in campo. In questo tipo di partite devi saper osare, se ti condizioni psicologicamente e prevale la paura di perdere, è tutto molto più difficile. Nel modo più assoluto non bisogna sottovalutare la Roma”.
Nella storia della Lazio ci sono tanti derby memorabili entrati nella storia: se ne dovesse scegliere uno, a quale stracittadina è più legato?
“Fammene scegliere due (ride, ndr.)! Uno di quando andavo in Curva a vedere la Lazio, ovvero il derby vinto per 1-0 con uno straordinario gol di Nanni, un tiro partito quasi dal cerchio di centrocampo. Parliamo di quella Lazio, quella del ’74: Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico. E chi se la scorda più! Quella partita e quel gol mi sono rimasti in mente. Qualche anno fa ho incontrato Nanni e, ancora una volta, gli ho detto: “Ma che gol hai fatto?” (ride, ndr.).
L’altro invece, quello raccontato da me, nell’anno dello Scudetto del 2000, quando riuscimmo a vincere grazie ad un grandissimo calcio di punizione di Siniša Mihajlović un derby di ritorno, che sancì il riscatto della Lazio, dopo la pesante sconfitta nella gara d’andata. Fu una vittoria importante perché, in quel periodo, i biancocelesti lottavano per il titolo, e poi si misero in mostra i fenomeni che aveva Eriksson in squadra, tra tutti Veron e Mihajlović”.
Con il gol contro il Venezia, Ciro Immobile ha scritto una nuova pagina di storia biancoceleste, diventando il miglior marcatore in Serie A della Lazio: un aggettivo per descriverlo? C’è un calciatore nella storia laziale a cui lo paragonerebbe?
“Per me Ciro è straordinario. Mi dispiace tanto che, questa sua straordinarietà, non sia colta del tutto dalla critica sportiva italiana. La cosa più importante, tra le tante che potremmo sottolineare, è che dal 2015, nei campionati europei, Immobile è dietro soltanto a Lewandowski e Messi, ha segnato quanto Ronaldo. Sono numeri impressionanti, che la Lazio non si è mai potuta permettere in passato, pur avendo altrettanti attaccanti straordinari come Chinaglia, Signori e Giordano. Oltretutto Ciro non è soltanto un uomo d’aria di rigore, ma è un giocatore tatticamente importantissimo, apre spazzi, pressa l’avversario, dà profondità alla squadra. Nel secondo tempo contro il Venezia, in pochi lo hanno rilevato, se la Lazio è riuscita ad esprimere un calcio migliore rispetto al primo, gran parte del merito, tatticamente va ad Immobile. Ciro ha dei numeri importanti, ha tutte le qualità da attaccante vero e, in più, ha la serenità d’animo, con la consapevolezza che un attaccante, per essere quello che è diventato per la Lazio, ha bisogno di una squadra al suo fianco.
Paragone? Io penso a Chinaglia, sono due giocatori completamente diversi per caratteristiche tecniche, però credo che per noi, generazione del ’74, non possiamo fare a meno di mettere a confronto Chinaglia e Immobile. Non lo paragono a Chinaglia per qualità tecniche, ma per il simbolo che è diventato Immobile nella storia della Lazio, un simbolo come lo è stato Giorgio”.
Lunedì sera è stato ricordato il grande Capitano della Lazio del primo Scudetto, Pino Wilson. Cosa ha rappresentato per lei Wilson? Che ricordo ha di lui?
“In quegli anni ero in curva, Wilson l’ho conosciuto dopo. Le impressioni che mi ha dato sul campo di intelligenza ed eleganza, me le ha poi trasmesse come persona. Quando ho visto Immobile con quella fascia rossa al braccio lunedì è stato un tuffo al cuore: dallo stadio Olimpico sappiamo che non è facile vedere le partite, ma l’unico che si riconosceva sempre in campo, non soltanto per lo stile, era Wilson, perché quella fascia rossa lo identificava immediatamente su quella maglia celeste pallido di quell’epoca. Pino non è stato solo il Capitano, per sempre, della Lazio, è stato uno dei liberi più intelligenti e di qualità del campionato italiano di quegli anni, la sua pulizia di intervento, la sua elevazione, sono esempi del grande giocatore che è stato.
Sono stato al Campidoglio a salutare Pino, sono rimasto quindici minuti ed ho parlato con lui, da solo. Gli ho detto, ancora una volta, quanto io sia grato a lui da tifoso della Lazio, per averci fatto vivere un sogno, insieme agli altri, ovvero lo Scudetto del ’74 che, per un laziale, in quegli anni, non era nemmeno immaginabile. Rimarrà per sempre nel cuore di tutti coloro che lo hanno vissuto”.