Matteo e Nicolò, figli di Vincenzo D'Amico: "Ringraziamo tutti i tifosi biancocelesti. Ponte Milvio un momento toccante"
Nella puntata speciale di "Quelli che hanno portato il calcio a Roma" i figli di Vincenzo D'Amico, Matteo e Nicolò, sono intervenuti per ricordare il campione d’Italia con la Lazio nel 1974 scomparso lo scorso sabato. L'AFFETTO DEI TIFOSI. Matteo: "La cosa bella è stato vedere l'affetto, me lo aspettavo ma sono rimasto sorpreso dalle proporzioni. Abbiamo visto anche molti tifosi di altre squadre, e ci ha fatto molto piacere. Nicolò: "La commozione è stata tanta. Sono state giornate faticose ma bellissime. La camera ardente è stato un riconoscimento bellissimo. Personalmente Ponte Milvio mi ha toccato molto, anche ripensandoci ho i brividi. È stato bellissimo". VINCENZO D'AMICO. Matteo: "Papà è riuscito a comunicare a tutti il suo modo di essere. Lui è sempre stato allegro, spensierato e a volte poteva sembrare superficiale. Ma non lo era assolutamente. Era una persona di grande sensibilità e grandi principi, quando qualcuno non lo riconosceva ci rimaneva male. Su alcune cose anche io sono più razionale. Vogliamo ringraziare Simona con tutto il cuore: nell'ultimo periodo ha dato tutta sè stessa. Grazie di tutto, per tutta la vita". Nicolò: "Un bacio a Simona, a cui va il profondo rispetto e la profonda gratitudine. È sempre stata di un'attenzione anche nei nostri confronti unica. Un bacio anche ad Ale, che è il fratellino che si trova ad affrontare una cosa difficile". RAPPORTO FAMILIARE. Nicolò: "Ognuno di noi ha capito cosa poteva essere importante per l'altro. Abbiamo fatto tutto insieme e di questo dovremmo essere orgogliosi. Ne sarebbe contento anche papà". RICORDI. Nicolò: "Il ricordo che ho di papà è sempre il sorriso. La nostra è una famiglia complicata, tengo per me molte memorie". Matteo: "Non riusciva a stare serio tutto il tempo. Ogni tanto lo riprendevo, però era sempre uno scherzare così elegante. Anche se il vero personaggio è Rosario. Papà diceva sempre: "Nel mondo ero Vincenzo D'Amico, mentre a Latina ero il fratello di Rosario". CAMERA ARDENTE. Matteo: "La cosa più bella è stata vedere alla camera ardente persone in là con l'età salire alle 2 di pomeriggio per salutare papà con la sciarpa in mano. Abbiamo visto padri portare figli e raccontare qualcosa di lui ai bambini. È la cosa che ci ha toccato più di tutti. La cosa più toccante è stata un signore che ha lasciato una sciarpa con su scritto: "Ciao Vincenzo, grazie di tutto". RAPPORTO CON LA LAZIO. Matteo: "Papà lo chiamavo all'inizio della partita e all'intervallo. E puntualmente iniziava a piangere. L'ho visto piangere per la Lazio: la prima volta nella finale del '98. Quando ci sedevamo all'Olimpico prendeva sempre i bruscolini e rimaneva sempre seduto, era molto composto. Quando Fuser alzò la Coppa iniziò a piangere senza fermarsi. Da allora non si è più fermato". Nicolò: "Ricordo molto bene l'evento di padre in figlio, è stato un momento di grande commozione".