Doppia intervista agli artisti della Lazio che hanno omaggiato Eriksson sui muri di Roma
Gli artisti ci raccontano l'opera su Eriksson
La memoria dell'indimenticabile Sven Goran Eriksson si fa arte sui muri del centro di Roma. Il merito è di due artisti tifosi della Lazio: Daniele Caminati ed Emanuele Palucci. I due in esclusiva ai nostri microfoni, ci raccontano come è nata l'opera in ogni suo dettaglio e i loro ricordi della grande Lazio del mister svedese.
Ragazzi, com'è nata l'opera su Eriksson?
Emanuele Palucci:
Lo stencil muro di Eriksson nasce per ricordare un personaggio storico ed esprimere lazialità e arte e renderla visibile in città, cosa che sta riuscendo nonostante l'ostracismo dei media locali ma anche nazionali. Devo dire che una cosa che mi ha fatto molto male è l'indifferenza quasi di alcuni media cosìdetti laziali che dovrebbero adoperarsi di più per divulgare la cosa. Pare però non sia loro reale interesse
Daniele Caminati:
La mia collaborazione nello stencil muro di Eriksson è stata uno sviluppo artistico nato dalla voglia di Emanuele di far parlare i muri della città con rappresentazioni artistiche omaggianti la Lazio.
Ho apprezzato molto la sua tecnica e l’intento di far riemergere la vera natura sportiva di questa città, ahimè inabissata dalla faziosità mediatica. Nasce così l’idea di unire artisti diversi e tecniche diverse, polarizzando potere mediatico di entrambi, per avere un'opera più d’impatto e con più visibilità. Il punto dove è stato affisso fa la sua parte essendo in pieno centro e ad alta densità turistica, proprio per ribadire sia ai romani che ai forestieri che questa città calcisticamente nasce bianco celeste e tale deve rimanere.
La tecnica adoperata per la realizzazione?
Artisticamente lo stencil muro lo possiamo considerare a tutti gli effetti una "combo", cioè una combinazione tra due artisti e due stili differenti. Io ( Emanuele ) ho eseguito il ritratto con una penna bic, quindi dando importanza al segno e alla espressione umana mentre Daniele ha eseguito il resto mantenendo il proprio stile e contestualizzando Sven ( con aquila, scudetto e bandiera ), spingendo poi molto con il colore, questo ha consentito una combinazione a mio parere molto riuscita.
La scelta su dove esporlo?
La scelta del posto è stata abbastanza complicata, serviva un punto visibile centrale e come muro giusto alla fine abbiamo optato per la zona Colosseo di fronte ad un pub "shamrock" inerente al mondo del calcio.
I vostri ricordi della Lazio negli anni di Eriksson
Emanuele Palucci:
Io sono un po’ più vecchio di Daniele e ho potuto vivere la “triste” Lazio degli anni ottanta, quando veramente esternare la Lazialità era molto difficile poi in quel periodo la Roma volava e noi affondavamo. La cosa che ha fatto la differenza è stata l'essenza del tifoso laziale e il legame con la città, il senso di appartenenza, il tutto in un ambiente molto ostile e ostinato, in cui dominava, per motivi futili, l'altra sponda del Tevere e i suoi tifosi. Poi ci fu l'arrivo di Cragnotti, un fulmine a ciel sereno e partì la nascita di un'altra dimensione con il triennio di Eriksson che è qualcosa di indescrivibile e paragonabile. Quello che mi ha sempre stupito del Mister è l'eleganza, la calma e la leggerezza con la quale gestiva calciatori e ambiente. All'interno della rosa un gruppo di prime donne che lo seguivano senza lamentele particolari, al di fuori un ambiente isterico incline al "moriremo tutti" e lui, protagonista sempre sereno, educato, in grado di saper depotenziare ogni singola polemica sul nascere. Ricordo indimenticabile il suo sorriso post scudetto e la frase che rivolse a Cragnotti: "vendili tutti" appena dopo aver vinto il titolo, segno di uomo intelligente e con una visione d'insieme che forse abbiamo capito tardi!
Daniele Caminati e l'ultimo incontro con Sven all'Olimpico:
Io ho 39 anni, sono cresciuto vivendo gli anni d’oro della curva e vedendo una squadra che tassello dopo tassello diventava sempre più forte e competitiva,nella serie A più difficile di sempre aggiungerei. Sono cresciuto con ambizioni importanti che la generazione di Emanuele avrebbe potuto solo sognare,mi facevo forte tra i banchi di scuola di far parte di una tifoseria compatta e stilisticamente avanti anni luce ai dirimpettai ed allo stesso tempo dibattevo tenendo testa ai molti tifosotti giallorossi battendomi il petto esclamando nomi come Gascoigne, Signori, Veron, Nesta, Mancini, Mihajlovic, Stam, Crespo, Nedved e moltissimi altri.
Le finali europee, sette trofei in pochi anni, lo scudetto e la supercoppa europea, insomma quello che serve ad un bambino, ad un adolescente, per sognare e vantarsi. Sven ha rappresentato quella figura nella quale molti Laziali si rivedono,atteggiamenti pacati e signorili che con classe e compostezza sapevano amministrare qualsiasi situazione, domanda scomoda, problema o frenesia post vittoria.
Per la mia generazione e’ stato un esempio ed incontrarlo sotto la nostra curva, con lo stadio gremito e una scenografia solo per lui, è stato motivo di grande emozione, orgoglio e commozione. Sicuramente avrei voluto incontrarlo in un momento diverso dal motivo per il quale vi è stato quell’invito, probabilmente davanti ad un bicchiere di vino facendomi raccontare aneddoti di spogliatoio ma e’ andata così e sapere che noi tutti abbiamo occupato un posto nel suo cuore mi basta per ricordare quel giorno come un essere riuscito a ridargli una parte delle immense emozioni che è riuscito a donare.
Dirgli “grazie per tutto quello che hai fatto per noi” ed abbracciarlo mi ha scaldato il cuore, non nego la commozione ovviamente legata a tutta la situazione.
I funerali e la loro presenza
Ci sembrava doveroso fare un ulteriore passo, abbiamo deciso tutti di comune accordo che presenziare ai funerali di Sven era necessario quindi ci siamo organizzati e siamo riusciti a salire a Torsby. Era importante esserci e ricambiare ulteriormente a nome di tutti i tifosi della Lazio, di tutti quei bambini che hanno gioito vedendo quella squadra salire sul tetto del mondo, tutti quei ragazzi che in quel periodo dedicavano i loro migliori anni a fare striscioni, scenografie, trasferte, ad esserci sempre. Tramite alcuni contatti siamo riusciti a posizionare la corona di fiori al centro dell’altare e presenziare all’interno della chiesa per il rito religioso. Un grande onore visto che tutta la città era li presente per un ultimo saluto ad un gigante che ha inorgoglito qualsiasi svedese. E' stata una cerimonia a numero chiuso e noi eravamo dentro: davvero un onore, considerando poi il momento in cui è stata intonata “my way”, canzone che apre spesso i big match della Lazio e che nel giorno dell’ultimo ritorno all’Olimpico venne cantata da Mattia Briga toccando il cuore del Mister tanto da fargliela scegliere come una delle colonne sonore del suo ultimo saluto.