Il Messaggero | La furia di Lotito: Lazio in ritiro
Crisi di rigetto o di appagamento. È sparita, la Lazio, e nessuno riesce a spiegarsi il motivo. Allora è giusto interrogarsi a fondo, rinchiusi nel proprio eremo. Così Lotito ordina il ritiro obbligatorio (di solito facoltativo) e la squadra stavolta lo accoglie in silenzio. Scatterà domani a pranzo, è il terzo dell’era Sarri, portò a due vittorie contro la Fiorentina a ottobre 2021 e nel derby a marzo scorso. Dopodomani sera col rognoso Torino bisognerà ritrovare il primo successo all’Olimpico a ogni costo: 4 punti (a +1 dal terzultimo posto) dopo 5 giornate non si vedevano dal 2001, unico precedente dal 1994. Un inizio da incubo, che rischia di minare l’intero campionato, se non si volta pagina subito. Così anche Sarri si vede costretto a cancellare oggi il giorno di riposo, previsto di solito per recuperare le energie fra un impegno ravvicinato e l’altro. Persino Maurizio è confuso e spiazzato da quanto sta succedendo: «Sembra di essere tornati due anni indietro», l’analisi in una mattinata di confronti incrociati e serrati fra allenatore, staff, squadra e società a Formello. INVOLUZIONE - Ieri nel quartier generale c’era anche Lotito, più lucido rispetto alla sera prima in cui era furioso. Dopo il punto strappato al Monza per miracolo, il patron era sceso negli spogliatoi ad attendere la squadra impegnata ancora a chiedere scusa sotto la Curva al triplice fischio: «Svegliatevi, basta con questo atteggiamento». Ma tutti hanno sentito soprattutto le sue urla contro il tecnico: «Dovevi mettere Castellanos...». È un errore però delegittimare Mau, in questo momento. Oltretutto i nuovi lanciati (Guendouzi e Isaksen) non hanno cambiato il volto spento della Lazio. Non è questo il problema, anzi così si rischia pure di bruciare un mercato, arrivato in ritardo e impossibilitato a integrarsi in un’ossatura al collasso: «É difficile comprendere l’involuzione dei vecchi – le parole preoccupate di Sarri – a meno che l’anno scorso non abbiano fatto il 105%». Già, il timore è che tanti abbiano dato tutto, ora si stanno salvando solo Provedel e Luis Alberto. SCOLLAMENTO - Manca la solidità di un tempo, la Lazio non sa più difendere, corre a vuoto e torna indietro. Gioca un calcio antico, lento, senza sovrapposizioni e con uno sterile palleggio. E, quando il Mago non scova l’assist immaginifico, costruisce solo fumo. L’augurio è che ci sia “solo” un blocco psicologico, va superato un crollo emotivo: «Dev’essere l’allenatore a risolverlo», ripete Lotito. In questo senso fa ben sperare lo spirito ammirato con l’Atletico. «C’è qualcosa che non va nell’ambiente, dentro», l’ultima frase sibillina di Sarri, che getta però ulteriori ombre inquietanti su Formello. Mau non lo dirà mai, ma forse si è pentito di non aver salutato tutti in trionfo col secondo posto, sopratutto perché non sono arrivati quei Berardi, Zielinski e Ricci, con cui era certo di poter fare subito il salto. Ad agosto è rimasto per amore e rispetto di questo gruppo, che lo aveva commosso per dedizione nelle prime settimane ad Auronzo. Poi è sbarcato Lotito e, fra mancati rinnovi e attriti con il tecnico stesso, qualcosa si è rotto. Chissà se non si stia pagando tutto questo adesso. Forse lo scollamento fra i reparti può essere superato rincollando tutte le parti della Lazio in ritiro a Formello. Il Messaggero/Alberto Abbate