Oltre 150 gare da vice di Eriksson, una vita insieme, prima alla Sampdoria nel 1996/97 poi alla Lazio. Luciano Spinosi, ex difensore romano, ha lavorato alla Lazio dapprima come vice del tecnico svedese, diventando poi collaboratore tecnico biancoceleste con Dino Zoff, Alberto Zaccheroni e Roberto Mancini, fino al 2004. Dal 1997 fino al 2004 ha contribuito ad accrescere il palmarès biancoceleste: uno scudetto, tre Coppe Italia, due Supercoppe di Lega e, nel 1999, della Coppa delle Coppe e della Supercoppa UEFA. Spinosi ha ricordato in un'intervista alla società il suo amico Sven, scomparso lo scorso 26 agosto.

Hai lavorato come vice di Eriksson per molti anni. Com'era fuori dal campo?

Ci siamo conosciuti a Roma quando lui allenava la Lazio e io la Primavera, il nostro rapporto si è consolidato grazie alle esperienze condivise con Sampdoria e Lazio. Con Sven nacque subito un grande rapporto di stima che si trasformò in vera amicizia. Non dimenticherò mai le nostre infinite partite a Tennis.  

Quando vi siete visti l'ultima volta?

Conclusa la nostra avventura alla Lazio ci siamo sempre sentiti al telefono, riuscendoci anche a vedere ogni tanto. Purtroppo non sono riuscito a salutarlo personalmente a maggio quando ha ricevuto il meritato tributo all'Olimpico. Mi piace ricordare la sua felicità dopo la sofferente partita tra Perugia e Juventus, ricordo che al fischio finale mi disse “ce l'abbiamo fatta”, accompagnata da un lungo abbraccio.

L'impresa più grande della Lazio è stata la vittoria 25 anni fa degli Invincibili contro il Manchester United?

Il successo a Montecarlo ci diede la consapevolezza di essere arrivate fra le squadre più grandi d'Europa, battendo il club che all'epoca era il più forte al mondo.

Bello, ma niente a che vedere con la vittoria della Coppa Italia contro il Milan nel 1998

Indimenticabile. Fu il primo trofeo dopo tanti anni di astinenza, da quel momento iniziò un ciclo d'oro per la Lazio. quel trofeo face assaporare all'ambiente come anche a Cragnotti il gusto della vittoria, che lo spinse ancora di più a inseguire il sogno, poi realizzato, di portare la Lazio al vertice del calcio italiano ed europeo. Della partita contro il Milan non dimenticherò mai il boato dello stadio.

Torniamo a Montecarlo: una vittoria che aprì la magica stagione dello Scudetto. Come fu il suo 14 maggio 2000?

Quel giorno c'era il timore di subire la stessa beffa dell'anno precedente. Ma accadde quello che sappiamo: un trionfo difficile da spiegare, con tantissime emozioni rendendo quel finale di campionato unico per sempre.

Dopo sette anni passati alla Lazio, quali sono le altre sue emozioni?

Ho vissuto vittore importanti: la finale di Coppa delle Coppe vinta a Birmingham contro il Mallorca, consacrandoci a livello europeo, e il blitz in casa del Chelsea in Champions League. Quel successo, arrivato anche al goal di Mihajlovic, ci face superare un periodo delicato, consentendoci di conquistare lo storico double (Scudetto e Coppa Italia, ndr).

Dove collocherebbe la Lazio del 2000 nel calcio di oggi?

Quella Lazio oggi avrebbe avuto l'impatto che hanno attualmente i calciatori del Real Madrid. Un potenziale da Palloni d'oro, i giocatori della Lazio del 2000 hanno lasciato un'impronta indelebile nel calcio di quel anni. Non a caso oggi tutti quei calciatori sono allenatori di livello mondali. Mi sento fortunato ad aver vissuto quel periodo da dentro.

Domanda Impossibile: il calciatore più forte che ha allenato in biancoceleste?

Hai tempo (ride, ndr)? Impossibile rispondere. Mancini, Veron, Mihajlovic, Vieri, Nesta, Nedved, Stam, Salas, Crespo, Boksic. Potrei andare avanti ancora a lungo…

 

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