In vista del derby della capitale che si giocherà domenica alle ore 18 il giornalista e radiocronista Riccardo Cucchi, noto tifoso biancoceleste è intervenuto a Radio Roma Sound.

“Derby? Da tifoso la vivo con un pizzico di apprensione inevitabile ma con la gioia e l’attesa - emozione essa stessa - di vederlo, con la speranza che possa andare come tutti ci auguriamo. Da giornalista con la consapevolezza che sarà sicuramente una gara molto dura per entrambe le squadre, che occupano un posto in classifica che non rispecchia il valore sia della Roma che della Lazio. Ma il campo è un giudice supremo. Quindi credo che sia un derby che arriva in un momento in cui sia Lazio che Roma non sono completamente soddisfatte di quello che hanno seminato, ma sono anche convinto che queste due squadre possano chiedere sicuramente a sé stesse e al campionato qualcosa in più. Sarà un derby sicuramente complicato, ma per entrambe.

Finché sei seduto in tribuna Monte Mario a raccontarla non puoi in nessun modo far trapelare tutte le tue emozioni personali, quindi devi essere imparziale, distante, terzo, quindi gridare al gol della Roma esattamente come al gol della Lazio, senza cambiare l’intensità e soprattutto cercare di raccontare la partita senza farsi travolgere dalle tue personali emozioni. Anzi, bisogna ricacciarle dentro le emozioni quando si è di fronte alla tua squadra del cuore. Bisogna aver rispetto del microfono, perché così si rispettano le passioni di tutti. Quello che deve fare un giornalista quando svolge il suo mestiere è questo: essere equidistante e soprattutto in grado di raccontare con lucidità necessaria ciò che avviene sul campo. Quando sei un curva ovviamente è tutta un’altra storia, ed è il motivo per cui ci sono ritornato dopo aver smesso di fare il mio lavoro. Sono tornato nel posto dove tutto è cominciato. Io ero un ragazzo di curva, molti molti anni fa, e dopo 40 anni di mestiere ci sono ritornato.

Quando mi chiedono perché non vado in tribuna rispondo che ci sono stato 40 anni e la mia identità, malgrado il lavoro svolto in tutti questi anni, sia rimasta quella. Cioè quella di un ragazzo di curva, che va allo stadio, anche se oggi ho i capelli bianchi, con la sua sciarpetta al collo, canta gli inni della Lazio insieme a quelli che sono vicini a lui, li abbraccia quando si segna, si dispera quando le cose non vanno bene e vive il calcio con il sentimento. Perché poi, badate bene, il calcio fondamentalmente, anche se vorrebbero farcelo dimenticare, e non ci riusciranno, è sentimento. E posso dire con grande franchezza che quello che vivo in curva è qualcosa di straordinario. Ormai sono tutti amici quelli che sono lì con me. È un’esperienza umana incredibile, fatta di sacrifici, di passione, di tutto quello di cui il tifoso ha bisogno e che poi è la base sulla quale si fonda l’affare calcio. Vorrei che lo capissero i dirigenti del calcio, non esistono soltanto i soldi ma anche i sentimenti delle persone.

Sulle prime radiocronache sul terrazzo di casa:

All’epoca non c’erano tanti soldi per andare allo stadio, e l’Olimpico non era ancora coperto, e dal mio palazzo di una strada romana non troppo distante, andando sulla terrazza, infuocando il binocolo di mio papà riuscivo ad inquadrare il tabellone della curva nord, e quindi passavo il mio tempo in attesa che cominciasse ‘Tutto il calcio minuto per minuto’, che come sapete cominciava nel secondo tempo, e nel primo non c’era alcuna possibilità di sapere cosa succedesse negli stadi. Quando cambiava il punteggio, magari da 0-0 a 1-0 per la Lazio, cominciavo a festeggiare correndo per il palazzo e sventolavo la bandiera della Lazio. Questa era la domenica dei ragazzi appassionati di calcio della mia generazione quando non c’era altro che la radio, e non c’era nemmeno per tutta la partita ma solo nel secondo tempo.

Calcio moderno? Sono talmente arrabbiato per tutte queste cose che hai descritto sul calcio attuale che ci ho scritto un libro, uscito poche settimane fa, che si chiama ‘Un altro calcio’, sottotitolo ‘è ancora possibile’, senza punto interrogativo perché voglio essere ottimista. Ma in realtà è un grido di dolore questo libro. Dolore di uno che ha amato il calcio tutta la vita, prima da tifoso, poi da radiocronista, adesso nuovamente da tifoso, e la cosa che mi fa più arrabbiare è proprio questa: che i sentimenti dei tifosi siano calpestati e che siano sommersi soprattutto da questa montagna di denaro che sembra essere l’unica cosa che interessa a questi gestori del calcio. Io credo che sia il grande problema del calcio contemporaneo, aver dimenticato che questa industria produce la passione dei tifosi. Il core business sono proprio i tifosi, che vanno allo stadio solo perché hanno il sentimento di amore verso la propria squadra, che è irrazionale, che non ha ragioni, che non si può spiegare, ma grazie a quel sentimento spendono però soldi per i biglietti, sempre più cari, spendono soldi per gli abbonamenti, sempre più cari. Ma se questa volontà, se questo affetto, un giorno dovesse cedere, guardate che anche il business salterebbe per aria.

In occasione della gara di champions league tra Borussia Dortmund e Newcastle, i tifosi tedeschi hanno tirato fuori uno striscione straordinariamente moderno, legato a quello che stiamo dicendo. Hanno detto alla Fifa, alla ECA, alla UEFA: a voi dello sport non interessa nulla, a voi interessano solo i soldi. Quindi c’è qualcosa che sta succedendo, e credo che i dirigenti del calcio non se ne stiamo accorgendo. Dovrebbero secondo me - e lo scrivo nel libro - camuffandosi magari con barba, baffi, parrucca e occhiali scuri, vivere qualche ora in una curva dello stadio, per capire che non maneggiano soltanto soldi, maneggiano la passione e i sentimenti delle persone. Forse capirebbero meglio.

Lazio-Feyenoord? È stata una serata meravigliosa, per come è stata vissuta sugli spalti, con tutti i sentimenti che si accavallano quando si segue una gara. C’è tutto: la sofferenza, la gioia, la paura. Il gol di Ciro, tra l’altro straordinario per qualità, ci ha fatto esplodere, perché tutti attendevamo quel gol, tutti vogliamo bene a Immobile, perché sappiamo che Ciro rappresenta la Lazio. Un pezzo di storia importante, 200 gol, il più grande goleador della Lazio… Poi però c’è stata la grande sofferenza del secondo tempo, nel quale però abbiamo visto una squadra con temperamento e carattere che ha dovuto subire, forse anche troppo, l’iniziativa del Feyenoord, che è una signora squadra che gioca un bel calcio. È stata una serata bellissima in cui al triplice fischio, che non arrivava mai, siamo esplosi in una gioia incommensurabile e ci siamo messi a cantare. Anche io sono rimasto dentro lo stadio per un sacco di tempo a cantare insieme a tutti.

Sapete, io ricordo un’esperienza personale quando la Lazio era in Champions. Era quella straordinaria Lazio di Eriksson, e mi mandarono a fare Real Madrid-Lazio. Io non so se qualcuno di voi sia mai stato al Bernabeu, ma è qualcosa di incredibile, ti fa palpitare il cuore. Io entrai nello stadio dopo aver acquistato ‘Marca’, il giornale sportivo principale spagnolo, che dedicava tutta la prima pagina alla Lazio, definendola una parata di stelle. Io ho ancora conservato quel giornale, perché raccontare quella partita lì, che purtroppo non andò bene, e l’emozione di vedere correre su quel prato incredibile quelle maglie bianco celeste fu qualcosa di incredibile e mi fece sentire molto orgoglioso. Naturalmente durante la mia radiocronaca nessuno si accorse di questa mia emozione speciale.

Che Lazio mi aspetto al derby? È una bella domanda perché noi sappiamo che la Lazio è capace di fare cose incredibili - io ad esempio ho ancora negli occhi i 25 minuti straordinari contro l’Atalanta - ma è anche capace di fare cose che ci sorprendono in negativo, per colpa di questa mancanza di continuità. La Lazio non è una squadra fatta per difendersi. È una squadra in grado di imporre gioco se la serata è quella giusta. Ha un centrocampo di enorme qualità, che però rispetto a quando c’era Milinkovic è meno fisico, e questo è sicuramente un problema da cui scaturiscono i troppi gol che si prendono perché non c’è sufficiente protezione, e forse anche la scarsità di gol realizzati, perché alla fine mancano quelle palle che servono sia a Immobile che a Taty. Ma se la Lazio incoccia la giornata è capace di esprimere un gran gioco che può rendere pericoloso qualunque tipo di attacco. Dall’altra parte c’è invece una Roma che magari non è brillante come la Lazio sulla manovra, ma che però ha grande determinazione, temperamento, e cattiveria agonistica. E credo che la Lazio queste squadre così le soffra un po’. La domanda che dobbiamo porci è se la Lazio sarà capace di esprimere la propria tecnica e di non farsi impressionare dal carattere della Roma e da quel signor Mourinho che sta lì in panchina. Tra l’altro divertente lo scambio tra lui e Sarri, diciamoci la verità, che ha scaldato il derby. Sul derby non c’è mai una favorita, non si può catalogare mai. È una partita difficile è diversa da tutte le altre. Io spero che sia soprattutto una bella partita” ha concluso Cucchi, intervenuto a Radio Roma Sound ospite di Stefano Oradei e Lorenzo Villanetti.

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