Il Messaggero | La Lazio vola, ora serve il bis in Coppa
La continuità vale molto più dello show. Contro lo Spezia, Sarri centra per la prima volta la terza vittoria consecutiva sulla panchina della Lazio. Il suo sorriso è più acceso del sole il giorno dopo a Formello. Perché, a suon di 4-0 (Cremonese e Spezia), è giusto dirlo, la solidità e l’equilibrio crescono pian piano insieme allo spettacolo. Maurizio non ha mai dimenticato il bel gioco, ma prima andava raddrizzato tutto il resto. Una volta assestato il reparto debole, con l’attuale seconda miglior difesa (5 gol subiti) del campionato, riecco anche le raffiche di gol, a forza di slabbrare l’avversario coi passaggi dentro-fuori, i triangoli, quasi una naturale consecutio. È questo il grande salto della Lazio, oltre quello al quarto posto: 17 punti (una media di 2,13 a incontro), ancora più tre (solo Atalanta e Udinese han fatto meglio) rispetto all’anno scorso, a -1 dai due migliori risultati (19 punti) dopo 8 giornate dell’era Lotito.
IL SOGNO AZZURRO - Anche le ali ora tornano a far volare la Lazio. Incredibile l’ulteriore maturazione di Zaccagni, in gol dopo essere stato ignorato per “punizione” dal Mancio: «Ma io voglio tornare in azzurro, è ilmio sogno». Il ct aspetta le sue scuse per l’ultimo forfait di giugno. Difficile che venga invece perdonato Lazzari, nonostante si sia trasformato ormai in un terzino vero. Anzi, Manuel è l’emblema dell’apprendistato concluso del Sarrismo, in cui all’inizio - abituato nel 3-5-2, sull’esterno - sembrava un corpo estraneo e isolato. Ora sfreccia avanti e indietro, e salva la Lazio con un guizzo su Kiwior, dopo un mese passato col flessore ko. Felipe Anderson 2.0 invece sembra solo apparentemente lo stesso: quando è in giornata, è sempre stato un fenomeno,ma ora fa tutta la fascia da un angolo all’altro, ha trovato il 45esimo passaggio decisivo con la Lazio. Quattro timbri e quattro assist dalle ali titolari, poi c’è Pedro che cala il tris (2 gol e 1 assist) sul tavolo da subentrato: giovedì in Europa, lo spagnolo si riprenderà il posto. Ma intanto i biancocelesti in Italia hanno di nuovo il secondo miglior attacco: 17 reti, una in meno dell’anno scorso, quando come ora vantavano il miglior rapporto fra tiri fatti (120) e i gol. Oltre il 14% significacinismo.
SERVE PATRIC AL CENTRO - Consapevolezza e bel calcio, c’è una macchina in grado proporlo. Ormai ci si può persino permettere di rinunciare a un rigore sbagliato da Immobile, ieri mattina provato dal ritorno in campo. Da tre gare, Milinkovic veste i panni del goleador: è un alieno nel nostro Paese dopo 15 mesi di cura Sarri, perché ormai gestisce bene anche la fase di non possesso, è sontuoso con la Serbia, non solo con la Lazio. Non a caso si riaccendono le sirene all’estero di chi se l’è perso in estate e ora ci riprova addirittura per gennaio: «Parlerò con Kezman, ma per me vale 100 milioni anche adesso, nonostante la scadenza nel 2024», ha assicurato Lotito a Sarri all’Olimpico, promettendogli un progetto sempre più ambizioso. Ma intanto si aspetta il rilancio anche in Europa League, alla conquista di un bel tesoretto. Anche lì la chiave di tutto dovrà tornare ad essere il ritrovato equilibrio: la Lazio deve riscattare la batosta contro il Midtjylland e riprendersi - nella differenza reti - il primo posto. Serve un approccio in stile campionato, la massima concentrazione sino all’ultimo: la difesa ha subito cinque gol in otto giornate di campionato e otto reti in due gare nel proprio gruppo europeo. Non basta il turnover a giustificarlo,ma non può essere un caso nemmeno che sia mancato semprePatric incoppa alcentro. Ieri lo spagnolo è rimasto a riposo, la gastroenterite non dovrebbe però costringerlo allo stop. Gila resta comunque in rampa di rilancio come Marcos Antonio a centrocampo. Non contano gli interpreti, tutti stanno convincendo Sarri negli allenamenti a Formello. I tifosi sono in delirio: saranno in 1000 a Graz, in 2500 al Franchi lunedì prossimo. L’entusiasmo va cavalcato, deve riversarsi nell’approccio. Serve lo stesso fuoco che da settimane ormai arde dentro la Lazio. Guai a spegnerlo. Il Messaggero/Alberto Abbate