depositphotos
depositphotos

L'addio si consuma con l'ultima sigaretta fumata ieri pomeriggio con il ds Fabiani e Bianchi su una scalinata di Formello. Sarri sorprende tutti, persino Lotito, presenta le sue personali dimissioni e non torna indietro. Toglie il disturbo, soprattutto quello degli altri 8 milioni lordi del suo stipendio, a bilancio per un altro anno: verranno pagate le mensilità passate più quelle sino al 30 giugno, poi il contratto sino al 2025 sarà stracciato. Alla faccia di chi lo tacciava di essere attaccato al denaro, altro schiaffo: come al Chelsea, se ne va da signore e da grande uomo. Una decisione maturata lunedì notte dentro un gabbiotto dell'Olimpico, dopo il quarto ko consecutivo contro l'Udinese, dopo aver subito la contestazione della Curva Nord e dopo essere sceso nello spogliatoio ribadendo: «Se non mi volete più, parlate chiaro». Il solito silenzio, ha risposto il campo. A nulla è servita ieri pomeriggio una "finta" delegazione di sei senatori per provare a dissuaderlo: «Ho visto che non mi seguite più, qualcuno è troppo diverso dalla scorsa stagione. Vado via io, sennò dovrei far cacciare qualcuno di voi. Mi metto da parte, così date una scossa. Stop». Nessuno aveva il coraggio, Sarri da hombre vertical prende in mano il suo destino e svuota l'armadietto del suo ufficio. Lo avrebbe fatto comunque a giugno, non ha mai più detto di voler restare a ogni costo. Mau era stanco, anche di un progetto rimasto nel limbo. Ha tentato di nasconderlo, insieme ai problemi famigliari dell'ultimo periodo, per risollevare le sorti della Lazio. Non c'è riuscito. Ha lasciato senza avere ancora nulla di concreto in mano. Il ciclo biancoceleste è senz'altro finito. Finisce amaramente l'era dell'allenatore, che ha riportato la Champions con un miracoloso secondo posto.


Le origini del male

Un epilogo ormai senza possibilità di ritorno. Alla 20esima giornata erano 33 i punti biancocelesti al sesto posto, a -1 dal quarto. Otto turni dopo, quel -11 è davvero troppo. Nelle ultime 7 gare, 5 ko, In totale 16 su 39 partite, quest'anno. In carriera, solo a Pescara (19 sconfitte) in serie B, Sarri aveva fatto peggio. La Lazio invece aveva collezionato 12 sconfitte in campionato solo nel 2009/10, finendo la stagione al dodicesimo posto. Mau ha fatto di tutto per evitare il peggio: cene, confronti, allenamenti ridotti al minimo e un atteggiamento tattico diverso per venire incontro alle esigenze del gruppo. Era rimasto per i giocatori in estate, aveva stretto ad Auronzo un patto, è stato tradito. Era l'unico ad aver capito che la "vecchia guardia" non avrebbe mai più dato quel 110%, per questo aveva battuto i pugni sul mercato con Lotito. Per questo voleva Milik, Berardi, uno fra Frattesi e Zielinski, Ricci e non dover scegliere fra X e Y ad agosto. Come Delio Rossi, Pioli e Simone Inzaghi, Sarri non ce l'ha fatta a cambiare il destino della Lazio nell'anno del ritorno in Champions e alla fine è caduto fra i colpi dello spogliatoio.

 

Il Messaggero

Il Messaggero | Quale futuro per la panchina della Lazio?
Il Messaggero | Le riflessioni segrete