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In seguito alla lettera scritta quest'oggi per l'ex compagno di squadra Mario Frustalupi, l'ex calciatore della Lazio Campione d'Italia 1974, Luigi Martini, ha dedicato altre parole ad un altro compagno di squadra di quella storica stagione, che ha scritto una pagina importantissima della storia biancoceleste.

Attraverso il proprio profilo Facebook, “Gigi” Martini ha scritto una lunga lettera a Vincenzo D'Amico, suo ex compagno con la maglia biancoceleste.

Luigi Martini ex calciatore della Lazio

La lettera di Martini a Vincenzo D'Amico

"Vincenzo ma ti rendi conto che impresa hai fatto, avevi 17 anni, e hai fatto una cosa incredibile! No no ma che hai pensato, io non dicevo avere vinto lo scudetto così giovane, quella non è poi così difficile, quello che rasenta l’impossibile per un ragazzetto come te è stato giocare al fianco di Chinaglia. Il bello poi è che tu lo sapevi che Giorgio quelli come te se li mangiava in un attimo. Dividere lo stesso spazio con lui era come entrare nella gabbia insieme alla Tigre affamata. Caro Vincenzo hai avuto fortuna perché Giorgio era affascinato dai giocatori di classe, così quando ti ha visto accarezzare il pallone ti ha messo sotto la sua protezione. Io so Vincenzo tu non avevi bisogno di nessuno perché un talento come te é un'altra cosa, ma Giorgio oltre ad essere un campione era spesso nervoso e allora meglio non averlo contro. Certo ne hai combinate di ogni tipo, tu con la tua intelligenza che ti disegnava sul viso una mimica che si adattava a quello che volevi far credere per poi uscire vincitore da ogni discussione. Del resto faceva parte del tuo modo di giocare, io non ho mai capito come facevi ad accennare, con la palla tra i piedi e in corsa, che saresti andata da una parte per poi andare dall’altra lasciando il difensore a guardare. Io ero tuo amico e tu lo sapevi, come quando hai conquistato una famosa attrice del momento, con Maestrelli che aveva vietato di mischiare la vita privata con il ritiro e dunque teneva sotto controllo i movimenti con la complicità del direttore dell’albergo. Come tu sia riuscito a portare il direttore dalla tua parte mi sarebbe piaciuto saperlo. Caro Vincenzo per capire l’uomo che eri trovo giusto parlare anche del tuo essere guascone perché dell’uomo che eri, dell’uomo leale, generoso, dell’uomo che sapeva difendere l’amicizia fino allo stremo, lo sapevano già in tanti. Ti ricordi Vincenzo, quella panchina che a piazza Cavour guarda verso il cinema Adriano che è dall’altra parte della strada, quelle verdi messe qua e là nel grande giardino della piazza. Non ci vedevamo da tanto, lo sapevo che eri molto malato, un male che non accetta dribbling un male che non puoi ingannare. Eri seduto sulla panchina con vicino a te un ragazzo, mi dicesti con voce stanca che aveva la stessa mia passione: il volo. Mi hai chiesto se potevo aiutarlo perché voleva diventare pilota. L’hai fatto con la tua mimica facciale che questa volta era sincronizzata col pensiero. Lo hai fatto anche quando mi hai detto che: ”La partita è finita e io sto giocando i minuti di recupero“.

Caro Vincenzo tu non c’eri il 12 maggio, è stato bellissimo, soprattutto quando ci hanno chiamato uno ad uno con l’altoparlante. C’è stata una ovazione per ognuno di noi, ma per te un po’ di più. Abbiamo parlato seduti sulla panchina per un tempo lungo, mi hai raccontato la vita che hai vissuto da quando ci siamo persi di vista. Ti sei alzato con fatica, ho visto la commozione sul tuo viso…Poi…Più niente! Io sono rimasto lì seduto qualche minuto in più pensando a quel ragazzo impaurito…ma forse non avevi paura. Che grande figlio di p*****a…ma che amico per me!!

Caro Vincenzo ogni tanto mi vado a sedere su quella panchina, non so perché ma una ragione ci deve essere e prima o poi lo scoprirò !!".

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