L’ultimo Ciro per la Champions è quello giusto. La Lazio torna al successo, supera l’Inter e riconquista il terzo posto: diventerà secondo stasera dopo il tramonto. Con questi tre punti e la penalizzazione della Juve, la qualificazione biancoceleste sarà matematica oggi stesso, con due turni d’anticipo. Già, perché la Roma andrebbe a -6, anche vincendo, e pesano i due derby di scarto. Sarri taglia il traguardo a Udine, lì dove aveva esordito in Serie A con l’Empoli e dove i padroni di casa non perdevano addirittura dal 15 gennaio. Basta un penalty d’Immobile e una difesa tornata di ferro. Il 20esimo clean sheet è un record quasi storico a suggellare l’evento: la terza Champions dell’era Lotito. Con uno scatto di personalità, il braccino si allunga di nuovo. Lo scarto di motivazioni d’altronde alla Dacia Arena era evidente sin dal riscaldamento in quel discorso del capitano al gruppo, disposto a cerchio sulla bandierina del calcio d’angolo. I 1132 biancocelesti del settore Ospiti cantano a più non posso, cercano di sopperire con la grinta all’emergenza della Lazio, arrivata con la lingua di fuori a questo finale di campionato. Non bastano a Marusic un paio di allenamenti per riprendersi il posto: Sarri rischia il piccolo Lazzari sul gigante Udogie, su cui c’è sempre Felipe Anderson (subito ammonito) in raddoppio. Vecino è l’ultimo reduce in regia, con Cataldi e Marcos Antonio rimasti nella capitale ai box. Sottil corregge il suo 3-5-1-1 con Pereyra a tutta fascia, come un tempo, e Samardzic dietro Beto per stoppare sul nascere il palleggio avversario. I biancocelesti riescono comunque a superarlo: pronti via Zaccagni arriva due volte al tiro, puntualmente murato. Beto e Lovric rispondono, ma Casale e Romagnoli sono indemoniati e coprono ogni buco. La Lazio prova a distruggere con il pressing e il possesso il castello umano bianconero, ma c’è troppa imprecisione nei tocchi e il ritmo è blando. L’Udinese resta corta, replica colpo su colpo. E, quando finalmente un cross di Zaccagni cade al millimetro sulla testa di Immobile, Silvestri soffia sul pericolo, facendolo sembrare uno scherzo. Da inizio gara Milinkovic ha una spalla quasi fuori uso, forse è sbilanciato nel movimento, ma sciupa clamorosamente un’occasione d’oro con un ultimo passaggio sballato per il capitano. Le idee frullano, gli spunti s’intravedono, ma manca un lampo improvviso. Eccolo: Luis Alberto mira l’incrocio, ma lo accarezza soltanto. Serve più cattiveria, anche se la Lazio – sventata una schiacciata di Bijol - chiude comunque all’attacco il primo tempo.

VELENO - La maggior fatica è sulle fasce, è lapalissiano. Così a inizio ripresa Sarri lancia in campo Pedro al posto di uno sfinito Felipe Anderson. E proprio un’iniziativa del nuovo entrato mette Immobile davanti a Silvestri, che in contro tempo fa un autentico miracolo. La Lazio ha comunque un altro appiglio, cambia marcia, mostra le fauci e il veleno. Perez salva con la punta su Luis Alberto, una rasoiata al volo di Vecino sfiora il palo. Anche Milinkovic sale in cattedra, Immobile in cielo, ma non pesca il bersaglio. Lo trova invece sul rigore (molto discusso dal dg Marino) fischiato da Pairetto: Masina lo sgambetta, Ciro spiazza Silvestri dal dischetto e corre ad abbracciare tutta la panchina in delirio. Centonovantaseiesimo centro per il bomber partenopeo con l’aquila sul petto, il tredicesimo in questo campionato, in doppia cifra per il settimo anno di seguito. L’Udinese si spaventa, la Lazio produce un assedio e Romagnoli sbatte di testa sul palo. Milinkovic si divora un gol fatto con un tocco mogio su un filtrante strepitoso di Luis Alberto. Il Mago inventa poesie e calcio sino all’ultimo, il gioco resta nel suo controllo, i biancocelesti sono padroni del gioco. Zaccagni svirgola un esterno fuori dallo stadio. Sarri è furioso perché vorrebbe il raddoppio per scongiurare qualunque rischio sul gong. E infatti all’85’ segna Nestorovski, ma è in fuorigioco. Brivido freddo, ma l’ultimo Ciro per la Champions è caldo e compiuto. Il Messaggero/Alberto Abbate

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Il Tempo | Lazio, sapore di Champions