CdS | Il derby di Simone: brividi all'Olimpico
Dalla collina dei Parioli guardava il Flaminio e lo Stadio Olimpico, casa sua. L'attico in zona Brera, non troppo distante dalla City-Life e dal Bosco Verticale gli permette di vedere l'Arena e San Siro. Quasi fosse in costante collegamento con la panchina. La Milano da bere e il circuito di amicizie calcistiche hanno addolcito e reso meno traumatico il trasferimento di Inzaghi, da ventidue anni abituato a percorrere le strade romane che si snodano tra Corso Francia, Fleming e Parioli. A meno di trecento metri abita Massimo Oddo, ex capitano della Lazio, quattro anni condivisi a Formello: si sono ritrovati, si vedono spesso, escono con le famiglie. Come gli capita di incontrare a spasso Massimo Ambrosini e Bobone Vieri, grandi amici ereditati dal fratello Pippo. Oggi, ancora di più rispetto a cinque mesi fa, Simone è convinto sia stata la scelta migliore, non solo per il suo futuro professionale, ma per la società e per la squadra biancoceleste, a cui resterà per sempre legato. Tare lo ha visto e incontrato alla fine di agosto, il ds della Lazio era salito a Milano per l'ultimo giorno di mercato, si sono abbracciati: l'amicizia non si cancella. La freddezza di Lotito l'aveva messa nel conto e di sicuro gli dispiace, è il presidente a cui deve il percorso di tecnico, ma la paternità del divorzio è stata reciproca, in tempi diversi condivisa. Il cuore lo avrebbe trattenuto alla Lazio. La testa, quella notte, gli disse di andare via superando un tormento intimo durato troppi mesi. Non chiuse occhio dopo l'incontro del 26 maggio a Villa San Sebastiano, non aveva rifiutato e neppure accettato anche se tutto sembrava filare verso il rinnovo: la mattina dopo, invece di tornare a Formello per firmare dal segretario Calveri che lo aspettava con il contratto in mano, ritelefonò a Lotito per comunicare la propria scelta, in senso contrario. Un addio deciso perché era arrivata l'Inter, l'unico club (insieme alla Juve) che avrebbe potuto convincerlo a separarsi dalla Lazio e cambiare strada dopo cinque anni in costante crescita, portando in dote tre trofei e una qualificazione in Champions che mancava da tredici anni. Lotito era stato altrettanto protagonista di un infinito tira e molla, tenendolo in sospeso a fine campionato senza compiere l'ultimo passaggio per la firma. Non c'è una sola verità e un unico responsabile. Sabato tornerà per la prima volta da avversario all'Olimpico e in queste ore fa fatica a pensarci, sta quasi rimuovendo l'evento. La Curva Nord lo aspetta e gli riserverà l'accoglienza che merita. I fischi lo ferirebbero. È stato il condottiero che ha ripopolato l'Olimpico dopo anni di deserto, divisioni, contestazione. Era il centravanti dello scudetto di Eriksson, è stato il tecnico della rinascita. Ha persino costretto Lotito ad alzare la posta e ingaggiare un allenatore di livello per sostituirlo. Inzaghi ci tiene, riabbraccerà Ciro Immobile e le altre sue creature laziali. Corriere dello Sport.