Il Messaggero | Lotito, che si fa? E intanto Sarri rimotiva Milinkovic
La sua faccia talvolta è un programma. Milinkovic deve ritrovare la felicità, è lui la Joya: «Sì, il nostro Dybala. Riuscire a trattenerlo per l’ottavo anno consecutivo è l’acquisto più importante della Serie A», è il coro dei laziali fra radio e social. Non solo perché il centrocampista ha segnato un gol in più dell’ex punta juventina (11 a 10) nella scorsa annata, ma anche perché tanti tifosi sanno che difficilmente Lotito, dopo aver già speso 50 milioni, potrà rispondere con un altro colpo ad effetto alla Roma. Con Romagnoli intanto ha riportato la lazialità: «Il mio sogno da bambino non era giocare in serie A - svela il centrale nella prima intervista - ma nella Lazio. Indossare questa maglia è l’emozione più grande della mia vita. Supererò la pubalgia e onorerò la 13 di Nesta». Il patron gongola: «Abbiamo costruito una grande squadra. E, già così, non abbiamo nulla da invidiare all’altra sponda», assicura, subito dopo essersi tranquillizzato per uno scherzo telefonico che lo provocava su Dybala. Oggi il numero uno festeggia 18 anni di presidenza. Lo scorso giugno replicò a Mourinho con Sarri in panchina. Stavolta i fuochi d’artificio d’agosto (Emerson Palmieri, Ilic, Zielinski e Mertens, se non si sarà accasato altrove prima) restano sotto coperta, alcuni in una carta privata, ma sono subordinati alle partenze di Hysaj, Luis Alberto (c’è il Siviglia) e Milinkovic, su cui al momento è rimasto solo l’Arsenal. Dall’Inghilterra paventavano un rilancio dei Gunners da 55 milioni, ancora non c’è traccia. Lotito ad Auronzo ha giurato qualche giorno fa: «Sergej non è in vendita». In realtà, solo al di sotto di una determinata cifra. Già, perché le proposte sono arrivate addirittura in primavera. Psg e United hanno sondato, la Juve ha virato su Pogba, solo dopo esser stata respinta con 50 milioni per il centrocampista.
MALCONTENTO E PERSUASIONE - Da questo rifiuto nasce qualche broncio di Milinkovic, meno sorridente rispetto al passato. A Sergej non è andata giù la promessa, al momento, non mantenuta dalla Lazio: stavolta, di fronte alla chiamata di una grande italiana o europea, il 27enne sarebbe stato “libero”. Si tormenta anche perché nessuno vuole svenarsi per il suo talento: «Ma io che devo fare più di tutti gli assist e gol dell’ultimo campionato?», sarebbe stato lo sfogo del serbo. In questi anni Sergej è stato coccolato a suon di ritocchi d’oro, è il secondo giocatore biancoceleste (dietro Immobile) più pagato, ma ora vuole fare il salto economico (avrebbe chiesto 7 milioni alla Juve a maggio) e in Champions. Milinkovic non ha intenzione di rinnovare il contratto in scadenza nel 2024, c’è il rischio di perderlo a parametro zero. Lotito sembra disposto a correrlo, salvo assalti indecenti dell’ultimo minuto.
USCITE E TESORETTO - È dura però portarsi dietro questo spettro. Sarri lo ha ribadito al presidente nell’ultimo vertice di mercato ed è stato rassicurato. Nel frattempo il tecnico sta parlando di continuo con Sergej per rimotivarlo al massimo. In fondo Milinkovic nella capitale è un idolo, ritrova sempre l’entusiasmo. Riuscire a trattenerlo, sarebbe il top. Sarri vorrebbe comunque un altro centrocampista, si accontenterebbe di Matias Vecino (proseguono i contatti con l’entourage) a parametro zero. Lotito ora attende solo che lo Spezia ceda su Provedel (Maximiano rischia di diventare il “secondo”), e di rientrare dell’esborso di questo luglio con le cessioni di quei 13 esuberi, che creano dissapori con Tare ormai da giugno: pesa soprattutto Muriqi (si tratta ancora con Maiorca e Bruges) ed Escalante (Samp), ma ora bisogna accelerare anche sull’uscita di Acerbi, su cui torna l’Inter in agguato. Lotito ieri ci ha parlato in albergo, stasera alle 21 presiederà anche alla presentazione della maglia “bianca” ad Auronzo, giovedì volerà poi per l’assemblea di Lega a Milano. Tornerà venerdì a Formello, dove sta ultimando i lavori per cui ha già speso 6 milioni euro. Sarri e la squadra si ritroveranno lì il 25 pomeriggio, prima di partire alla volta della Germania per la seconda parte del ritiro. Il Messaggero/Alberto Abbate