Il Messaggero | La Lazio non sa rialzarsi
Dalla notte abbagliante col Milan si è spenta la luce della Lazio. L’X factor stavolta non è un punto guadagnato. Perché ora sono diciassette quelli persi da una situazione di vantaggio. Non c’è sorpasso sulla Roma, i biancocelesti staccano appena l’Atalanta, centrano il quarto posto solitario, ma sciupano un’altra occasione per un allungo Champions. Fatal Verona, specialmente il pressing veneto sulle gambe già spremute dall’eliminazione in Coppa Italia a Torino. Forse l’organico non permette molto altro, non a caso Sarri sinora ha utilizzato appena 21 elementi, record a livello europeo. Stavolta non basta però nemmeno il capolavoro di Pedro all’incrocio, il primo timbro da titolare in questo campionato. Non segnava in A da tre gare, dal 13 settembre a Cremona da subentrato. L’Hellas rimonta, prosegue la sua scia positiva verso la salvezza, e solo Provedel evita il peggio alla Lazio.
FATICA - Pedro rimane comunque l’eroe, applaudito sotto il settore Ospiti, occupato dai 1600 tifosi biancocolesti. Ironia del destino, alla vigilia lo spagnolo pregava d’avere una chance dall’inizio. Sarri lo ascolta, parte dalla panchina Felipe Anderson, affaticato e unico vero cambio per Immobile in attacco. Con Pedro al posto del brasiliano, Sarri sceglie ancora Marusic dietro e Hysaj sul lato opposto. Zaffaroni (ora sono 9 punti in 6 partite dal suo arrivo) schiera il consueto 3-4-2-1 con Lasagna ancora a secco da agosto. Il Verona tanto attende, fa pressing nella propria metà campo. La Lazio è corta, può alzare subito il proprio baricentro. Come a Torino, Milinkovic diventa centravanti aggiunto con le sue spizzate sul lancio lungo. Tameze lo marca stretto, non sa mai come fermarlo e commette spesso fallo. Su una punizione conquistata dal limite, proprio Sergej regala il primo brivido a un soffio dall’incrocio. Ma trema molto di più la Lazio, quando Ngonge fa volare Provedel all’angolino: sulla respinta corta, Doig spedisce alle stelle con un portone spalancato. Ancora Ngonge semina il panico poco dopo, sfruttando un contropiede innescato da Pedro. Immobile davanti è un spettro. Non è in forma, sbaglia passaggi e ritmo, e anche il piede da cecchino: su un cioccolatino di Milinkovic in profondità, Ciro spara un siluro sballato, poi accarezza una punta sulle braccia di Montipò. Sarri invoca il palleggio, non vuole più verticalizzazioni, perché i suoi uomini stanno soffrendo troppo il feroce pressing veneto. Così i centrocampisti biancocelesti ruotano per non dare punti di riferimento, ma ci sono troppi tocchi sbagliati negli ultimi 20 metri e le mitiche accelerazioni di Zaccagni vanno solo all’indietro. Il Verona torna davanti su un calcio d’angolo e Provedel sventa Depaoli con un autentico miracolo. All’improvviso Hysaj si traveste da assistman, ma Pedro sciupa ancora tutto. Oltraggio per un campione del suo calibro. E allora lo spagnolo si riscatta davvero con un eurogol: arpiona una scucchiaiata di Cataldi, circumnaviga Coppola e disegna un arcobaleno. Diventano sei i marcatori biancocelesti con almeno tre gol, solo il Napoli ne vanta di più. Non solo. La Lazio sigilla il primo tempo con zero reti subite per la quindicesima volta su 21. Peccato che poi riemerga sempre il solito incubo dopo l’intervallo: sesto centro incassato nel primo quarto d’ora del secondo tempo, solo Bologna e Salernitana hanno fatto peggio. Proprio l’eroe Pedro si perde in un fallo sciocco. Sulla punizione di Lazovic, Ngonge anticipa Casale e fa 1-1. Settimo timbro veneto di testa su 19 in assoluto, ma solo un legno nega poi a Lazovic il raddoppio con un giro prelibato. Il Bentegodi diventa di fuoco, la Lazio si brucia emotivamente e crolla sul piano fisico. Provedel è chiamato a un altro intervento da ragno su Doig, dentro a colpo sicuro. Sarri corre ai ripari, inserisce Vecino, ma non cambia lo spartito: Marusic si tuffa in un intervento rischioso in area su Lasagna, l’arbitro Ayroldi vede il pallone toccato. La Lazio è persino imprecisa, fatica a giocare nell’inferno. E capitan Immobile esce al 67’ con le braccia spalancate, con il gol numero 190 ancora in canna e sempre più maledetto. Felipe al suo posto non dà punti di riferimento, rianima l’ex Zaccagni negli uno contro uno e su un tacco in pieno recupero. Nel finale la Lazio riprende campo, ma non trova comunque il buco. Per uscire dal tunnel del pareggio e volare più in alto verso la Champions. Il Messaggero/Alberto Abbate