I giocatori passano, la Lazio resta. Questo sono soliti affermare i tifosi, seppur con un pizzico di malinconia. Eppure nel tempo hanno maturato la consapevolezza dei cicli. Nella storia della Lazio sono tanti gli attaccanti che hanno segnato un’epoca (Immobile, Piola, Signori, Chinaglia, Giordano e Rocchi hanno perfino sfondato quota 100 gol); ancora di più quelli che, pur segnando meno, hanno comunque fatto breccia nel cuore del popolo biancoceleste.

Ruben Sosa e Karl-Heinz Riedle hanno accompagnato la Lazio a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90. Anche Casiraghi, Christian Vieri, Crespo e Klose, chi più, chi meno, hanno fatto sognare i tifosi. Tutti però, con il tempo, sono stati sostituiti.

Ciro Immobile sta vivendo un momento delicato, che, per sua stessa ammissione, lo spinge perfino a riflettere sull’addio già a gennaio. Sarebbe doloroso per lui e per i tifosi, ma farebbe parte del ciclo naturale del calcio. Il presidente Claudio Lotito in estate ha preso Taty Castellanos per permettere, di tanto in tanto, all’attuale capitano di rifiatare. Ora l’attaccante argentino, in gol contro l’Atalanta, potrebbe perfino ritrovarsi a ereditarne il ruolo. Cosa, però, che secondo Immobile non sarebbe tanto semplice.

«A me toccò prendere il posto di Giorgio Chinaglia - ricorda Bruno Giordano, indimenticato bomber per 10 anni, dal 1975 al 1985 - Fu complicato. Anche se per Castellanos oggi è diverso».

Perché?

«Ero più giovane. Quando Giorgio lasciò la Lazio io avevo una ventina d’anni. Non potevo capire cosa significasse indossare la maglia numero 9. Per me era una sfida, forse perfino un gioco. Intrigante e stimolante, non stressante».

Che cosa si ricorda di quei momenti? «Sentivo la gente per strada che discuteva, che si chiedeva se fossi all’altezza. Si parlava bene di me, venivo descritto come un talento. Ma nessuno poteva sapere se sarei stato in grado di assumere quella responsabilità. Io però non subivo la pressione, ero tranquillo. Penso che se avessi avuto 4-5 anni in più sarebbe stato diverso. Sarei stato più consapevole. Questo il dubbio che ho su Castellanos, anche se sottolineo subito che a me ha fatto una buona impressione già a Milano con il Milan».

Nello specifico, che cosa pensa dell’argentino?

«Che non ha senso paragonarlo a Immobile. Ciro ha cominciato la fase calante della carriera, l’argentino sta raggiungendo l’apice. Il gol con l’Atalanta dimostra che è scaltro, come ogni argentino cattivo. Spinge un po’ il difensore che lo marca per guadagnare lo spazio di cui ha bisogno per segnare. Mi sembra in grado di dialogare con i compagni. Mi piace. Ma non gli si metta pressione addosso. Deve essere messo nelle condizioni di sbagliare e di maturare».

Cosa farebbe lei con Immobile?

«Devono decidere lui e la società. Ma devono avere tutti le idee chiare. Anche perché se Ciro dovesse andare via a gennaio, servirebbe un altro attaccante, e sarebbe giusto che la Lazio avesse il tempo necessario per trovarlo. Parlarsi e condividere i piani è sempre la cosa migliore. Serve chiarezza. Non all’esterno, ma all’interno del club le persone coinvolte devono sapere come muoversi. Altrimenti si rischia di creare un problema a tutta la squadra». Corriere della Sera/Elmar Bergonzini

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