Faccia rilassata, tono pacato. Sarri rispecchia lo stato d'animo della sua piscina a Castelfranco di Sopra. È proprio a bordo vasca che il tecnico della Lazio è tornato a parlare a poco più di un mese dalla chiusura del campionato. Una mezz'ora concessa ai microfoni di Sport talia, con gli argomenti più disparati sul tavolo. La sua esperienza in biancoceleste al centro, una serie infinita di domande tutto intorno. L'allenatore toscano ha voluto mettere le cose in chiaro sin da subito: il mercato non lo fa lui, così come non lo ha mai fatto in carriera. Animale da campo, non adatto per il ruolo di manager all'inglese. «È anche per quello che me ne sono andato e sono tornato in Italia». Poi è entrato nel dettaglio del suo operato in questi giorni: «Mi limito a dire quali giocatori possono essere adatti o meno al nostro modo di giocare. Poi se avessi veramente la possibilità di fare mercato un miliardo di danno a Lotito glielo faccio». Di trattative si è parlato, anche se non si è entrati molto nel merito. Il focus principale è stato su Berardi: «È uno dei calciatori che mi piacerebbe allenare, così come ce ne sono tanti altri. Nel Sassuolo ce ne sono tanti di giocatori che a me sarebbe piaciuto allenare. Per esempio Frattesi, Maxime Lopez è un giocatore che mi intriga».

Tra i temi anche il futuro di Milinkovic, a metà tra problema e risorsa: «È un problema per la società, è chiaro che per me potrebbe essere una risorsa. Dipende tutto da quanto il ragazzo è coinvolto dalla situazione. Un Milinkovic con la testa libera è un giocatore di livello straordinario». Giudizio positivo anche su Torreira, sono arrivate conferme sul gradimento di André Silva. Quello del centravanti è un argomento spinoso. Il tecnico ha fatto capire che anche nella prossima stagione utilizzerà all'occorrenza Felipe Anderson al centro dell'attacco. Sarri non sembra preoccupato per la costruzione della rosa. Anche se ha messo le mani avanti su quello che sarà il destino della sua Lazio nella prossima stagione: «Se io dovessi parlare da un punto di vista egoistico, faccio secondo posto con la Lazio devo dare le dimissioni. Perché la possibilità di fare meglio è davvero difficile. Non ci ho pensato perché mi trovo in un ambiente in cui sto bene e mi piacerebbe andare avanti. Però bisogna avere tutti la consapevolezza che ripetersi sarà estremamente difficile. Sicuramente il nostro obiettivo è quello di rimanere in Champions, quindi dobbiamo avere la testa alle prime quattro posizioni, ma con la consapevolezza che è difficilissimo». E pensare che qualche offerta di quelle difficile da rinunciare era pure arrivata: un sondaggio c'è stato da parte di alcuni club arabi, ma il tecnico - così come ha sempre ammesso - preferisce rimanere a due ore di macchina da casa. Più avanti chissà: «Se poi tra un paio d’anni non starò più bene alla Lazio o mi finirà il contratto, qualcosa per un anno o due lo si può prendere in considerazione».

Il legame con la piazza di Roma ha fatto la differenza. Su questo Sarri è stato chiaro fin dal primo momento. «È difficile arrivare in un ambiente nuovo, in una società nuova e dopo pochi giorni sentirsi accettato, sentirsi a casa sentire la fiducia di tutti intorno. E questo ti fa affezionare a tutto l’ambiente, ti fa affezionare alla squadra, ti fa affezionare alla tifoseria. Perché poi se si parla della tifoseria della Lazio, in giro per l’Italia c’è una visione che non corrisponde esattamente alla realtà: la tifoseria della Lazio è una grande tifoseria. Quindi questo mi ha fatto sentire a casa. Poi questa completa autonomia di poter tornare a fare il lavoro da campo è un qualcosa che mi ha ridato entusiasmo e mi ha ridato la voglia di rimanere dentro quell’ambiente». Il Tempo/Daniele Rocca

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