Il Messaggero | Lazio, ecco il piano Champions
Il bicchiere resta pieno. La Lazio perde allo Stadium, ma chiude questo strano “torneo d’apertura italiano” salda al quarto posto: l’anno scorso aveva 8 punti e 3 vittorie in meno, era in nona posizione, a 9 lunghezze di distacco dalla Champions. Forte di quest’ottimo bilancio, stavolta Sarri decide di giocarsela con la Juve a viso aperto, forse persino con troppo coraggio (Luka Romero titolare è un premio al ragazzetto, ma anche un segnale al resto del gruppo) nell’ultimo turno prima dello stop. La classifica alla fine permetteva questo passo falso, l’epilogo è invece un messaggio forte alla società per il futuro prossimo. Il gioco di Maurizio diventa sterile e inutile appena mancano due-tre big a questa Lazio, senza nessun altro ricambio. Nel derby e contro il Monza, il tecnico aveva ovviato alle assenze, snaturando con intelligenza il suo credo tattico. A Torino, senza i gol e la profondità di Immobile, gli strappi di Lazzari e Zaccagni, il 60% di possesso palla diventa nullo senza trovare uno sbocco. E alla fine viene schiacciato dal catenaccio di Allegri, condito dal divino lancio lungo. Il cinismo della Juve non si vede solo quando prima Rabiot e poi Milik propiziano i due gol in contropiede di Kean, ma anche nella gestione dei talenti biancocelesti, di tutte le fasi dell’incontro e soprattutto della stanchezza della Lazio, arrivata svuotata e corta alla fine di un ciclo troppo dispendioso per il suo organico.
IL NODO MILINKOVIC - I simboli di questa Lazio un po’ rintuzzata e spenta sono Provedel, sfinito da tempo e in uscita a corpo nudo, e Milinkovic sbadato e deleterio al primo pallone perso. Con l’avvicinarsi dei Mondiali, cruciali forse per la carriera del serbo, era pure comprensibile il suo risparmio energetico. Ma per i tifosi biancocelesti sono un pugno allo stomaco gli applausi ruffiani dello Stadium, pensando alla solita scadenza del contratto nel 2024. Il destino di Sergej va risolto al più presto, in un senso e in un altro, per il bene della Lazio: «Non lo vendo, e non me ne frega nulla degli applausi. Contano i soldi, portino almeno 100 milioni per vederlo in bianconero», ha subito replicato in giro Lotito all’eco proveniente da Torino. Lo scorso week-end il patron ha trattato con l’agente Kezman il rinnovo del serbo, bisognerà trovare un punto (magari con una clausola) entro la fine del mercato.
RICHIAMO DI PREPARAZIONE - Chissà se il mondiale darà una mano. Milinkovic e Vecino saranno gli unici due biancocelesti – un vantaggio rispetto alle altre big – impegnati in Qatar, lontano da Formello. Da domani la Lazio tornerà per quattro giorni al lavoro prima dello sciogliete le righe (ferie 20-30 novembre) e del nuovo raduno del 1 dicembre nel centro sportivo: si sta ancora decidendo se il ritiro dal 12 sino alla vigilia di Natale si terrà a casa o in Turchia, dove l’attentato ha rallentato tutto. In ogni caso, da gennaio ripartirà un altro campionato e Sarri ha già studiato nel prossimo mese un piano ben definito: un richiamo di preparazione che riporterà i biancocelesti al top a livello fisico. Perché le ultime settimane hanno dimostrato come il tour de force abbia influito nel rendimento, e nel 2023 il calendario – subito sei gare in un mese fra campionato e coppe – tornerà folle e faticoso. La Lazio non dovrà dimenticare cosa l’ha portata così in alto: un bel possesso, una difesa solidissima (nonostante i 3 gol presi, sono 18 in meno rispetto all’anno scorso), e tanto divertimento. Ma ora serve il calciomercato, un aiuto da Lotito. Il Messaggero/Alberto Abbate