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Lancia le stampelle, zoppica, ma non perde mai il sorriso. Mario Gila è ad Auronzo, fermo per un maledetto infortunio rimediato alla prima sgambata di raduno a Formello: «Una sfortuna chirurgica. Una scivolata mi ha preso l'alluce e si è fratturato. Ora però non ho alcuna intenzione di piangermi addosso, voglio rimettermi in piedi subito, recuperare prima delle quattro settimane previste di stop. Accorcerò i tempi, ne sono certo».

Gila: "È dura, ma io non mi abbatto"

Anche perché può essere penalizzante saltare la preparazione con un nuovo tecnico.
«È dura, ma io non mi abbatto. Tornerò ancora più forte e voglioso in gruppo. Mostrerò le mie qualità e mi adatterò al nuovo gioco».
Per tornare subito titolare nella Lazio?
«È una nuova stagione con un altro tecnico. Nel 2024 ho fatto bene, ne sono orgoglioso, ma poi il mister decide chi sta meglio e si riparte da zero. Io ora ho questo gap, correrò il doppio per riprendermi il mio posto».
Con Sarri ci ha messo oltre un anno e mezzo.
«Io sono uno che guarda sempre il bicchiere mezzo pieno. I mesi più bui, quelli dell'ambientamento in cui non vedevo mai la luce, mi hanno aiutato e fatto diventare più maturo. Potevo bruciarmi, invece alla fine nulla succede per caso, e quindi non può essere negativo nemmeno che non ho giocato per tanto tempo. Faceva parte del mio destino, di un percorso scritto. Sono contento».
È esploso nei mesi più duri di Mau, si è confermato con Tudor.

Dopo tre anni non riuscivamo più a dare quello che chiedeva Sarri

«L'anno scorso è stato tosto sotto ogni punto di vista per la Lazio. Dopo tre anni non riuscivamo più a dare quello che chiedeva Sarri ed eravamo entrati in una spirale negativa. Il tecnico ha deciso di andare via e me lo aspettavo. Mi ha stupito invece il passo indietro del mister croato perché avevamo ottenuto ottimi risultati sino a fine campionato. Da entrambi però mi porto dietro un bagaglio immenso».
Si sente già il leader di questo giovane gruppo?
«La sofferenza mi ha forgiato come un guerriero. Leader è una parola enorme, ma posso trasmettere il mio veleno, che a volte può mancare ai compagni più grandi dopo tanto tempo. Loro mi trasferiscono invece la calma, l'esperienza che io non ho. È uno scambio reciproco. Ora altri giovani sostituiranno campioni come Milinkovic, Immobile, Luis e Felipe Anderson. Questo progetto mi piace, deve generare entusiasmo e va fatto capire a chi è più scettico. La scorsa stagione non è stata cattiva con il piazzamento in Europa League, ma dobbiamo fare meglio».
È diventato un beniamino dei tifosi, che aspettano ormai da decadi il nuovo Nesta.
«Il paragone è ingombrante, sarei folle a mettermi questa pressione da solo. Di Nesta ce n'è stato uno, un idolo indiscusso. Non so se diventerò mai come lui, preferisco essere Gila, o Super Mario».
Si respira un clima teso, i laziali hanno bisogno di nuovi punti di riferimento. Lei promette di diventarlo?


«Assolutamente sì, io non mi muovo da qui, anche se il Real vanta un diritto e sono arrivate proposte. Il club crede in me e io credo nella Lazio».


Se fosse in Baroni, chi farebbe capitano?
«Patric, Cataldi, Marusic, Romagnoli, hanno una grande personalità e lo meritano. Sarà difficile per il mister scegliere, ma tutti lo accetteremo. La fascia poi è solo un pezzo di stoffa, dentro questo spogliatoio ci sono tanti leader senza nulla sul braccio».
Lotito ha posto come obiettivo stagionale l'Europa. Impossibile la Champions?
«Quando c'è un cambio generazionale in una squadra, bisogna avere pazienza. I nostri tifosi sono ambiziosi e pretendono tanto, ma sono arrivati nuovi ragazzi, che devono adattarsi. Il progetto è serio, anch'io spero nel quarto posto, ma bisogna essere realisti, andare avanti di partita in partita, senza porsi alcun limite, ma nemmeno un traguardo sproporzionato».
Chi è l'attaccante più forte che ha affrontato?
«In allenamento senz'altro Benzema, in partita Musiala a Monaco. Nei piccoli spazi, è un alieno».
Quanto peserà l'eredità dei 207 gol di Immobile su Noslin e Castellanos?
«Ciro è una leggenda, è stato tutto. Loro devono aspirare a raggiungerlo, ma senza portarsi dietro un macigno. Ognuno ha il suo stile, va dimostrato serenamente, ci vorranno anni per portarsi a quel livello».
Un giorno vestirà la maglia della Nazionale spagnola, che nelle prossime ore potrebbe vincere l'Europeo?
«È il mio sogno e lo coltiverò fin quando non smetterò. Sarebbe stato bello già essere in questa selezione che, secondo me, batterà l'Inghilterra e alzerà il trofeo. È la più forte, la favorita per ciò che ha mostrato sino adesso, anche se in una partita secca nulla è scontato»
Perché nel nostro paese invece non nascono più Yamal?
«Ho in famiglia un esempio di un piccolo che sta crescendo qui. I vivai nelle scuole italiane pensano troppo alla tattica e non fanno divertire i bambini. A quell'età devono essere liberi per esprimere il proprio talento. In Spagna si privilegia l'estro. Yamal a 16 anni ha la testa sgombra, si diverte in un Europeo come se stesse giocando in un oratorio, senza nessuna preoccupazione. Certo, poi è un fenomeno, non nasce tutti i giorni uno così, ma tutto parte dal divertimento».
 

Chi sarà la sorpresa della Lazio di quest'anno?
 

«Spero possa essere Pellegrini perché ha un potenziale incredibile, ma anche Isaksen, non avete ancora visto nulla di ciò che è in grado di fare col pallone in campo».
Alberto Abbate

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