Corriere della Sera | Serena Grandi si racconta: "Ho fatto coming out per mio figlio, gli ho tolto un peso". E su Chinaglia...
«Perché dovrei rinnegarlo? Mi ha fatto diventare una new entry del cinema, mi ha consacrato come una delle star erotiche del cinema italiano, mi ha insegnato a parlare, a recitare davanti a una troupe di 50 persone, a vestirmi».
E a svestirsi.
«Sì, anche quello. Tinto è stata la mia Accademia. Cosa diceva dei miei glutei? Che se mi fosse successo qualcosa sarebbero intervenute le Belle Arti. Il provino era una scena di Miranda, con la cinepresa che mi inquadrava ovunque. Il vero Tinto Brass era Tinta, sua moglie. Fu lei, con un colpo geniale, che per fare pubblicità al film mi spinse a dire che avevo fatto l’amore con due pugili sul ring. Realizzarono un servizio fotografico, uno dei due era pescivendolo».
Suo figlio Edoardo vide Miranda?
«Glielo proibii fino ai 18 anni, ne ha appena compiuti 32. Mi disse che è attualissimo, che non si era vergognato nel vedere sua madre nuda. Andammo via da Roma perché era bullizzato. Edoardo è gay, ricordo le scritte sotto casa. Una sofferenza continua. Tornai nel buen retiro della mia terra, a Rimini».
Perché lei decise di rivelarlo in tv, al Grande fratello Vip?
«Quel programma è un esperimento antropologico, ti vengono fuori cose che non gestisci razionalmente. A dire il vero mi scappò detto che è gay mentre parlavo con Cristiano Malgioglio. Ho fatto coming out al suo posto. Edoardo ne fu felice, si sentì liberato. È molto maschile ma ha un’anima femminile, mi consiglia su un paio di scarpe, un acquisto».
E Beppe Ercole che padre è stato?
«Pessimo. Era impegnato nel suo lavoro a costruire e arredare case, per quello era un genio. Ci amavamo molto. Mi faceva ridere. Come dice la commedia di Natalia Ginzburg? Ti ho sposato per allegria. Quando uscì Miranda mi regalò una borsa d’oro tempestata di brillanti. Uno dei suoi tanti regali. Una volta a casa mia sotto il letto vide le palle da tennis di un mio ex fidanzato, un atleta famoso».
Adriano Panatta?
«Sì, mi dava tutte quelle palle per far giocare i miei cani. Poi c’è stato Chinaglia, il giocatore della Lazio, si ubriacava e si trasformava, figuriamoci, io sono astemia. Beppe… Sapevo di avere sposato un playboy, ma avevo 23 anni, vai a capire. Tutti quei suoi tradimenti… Nelle interviste mi chiedono sempre: come si faceva a tradire una come me? Posso dirlo? Ero bella come il sole. Ci pensarono gli avvocati a rovinare il rapporto tra di noi, dopo la separazione. Avrei preferito non avere gli alimenti ma che fosse più presente come padre. Edoardo l’ho tirato su da sola, lo portavo con me sui set».
Serena, che effetto le fa rivedersi nei film?
«Non lo so perché non mi rivedo mai, alcuni non li ho nemmeno mai visti. Ho un forte senso autocritico, faccio fatica. Nella mia vita sconclusionata e disordinata ho un solo punto fermo: la professionalità nel mio lavoro».
Paolo Sorrentino la volle ne «La grande bellezza».
«Ruolo drasticamente tagliato. C’era una bella complicità fino a quando sono cominciate le riprese. Poi mi ha tagliato fuori. Voleva essere capito con una parola. Girava di notte le scene diurne. Ma il film è un capolavoro, come lo è “È stata la mano di Dio”. Vorrei reincontrarlo, vorrei che mi abbracciasse dicendomi soltanto ciao Serena. Nel trailer dell’Oscar appaio io. L’ho anche tatuato, l’Oscar»
Ha solo quel tatuaggio?
«No, ho la E di mio figlio Edoardo, la corona del rosario e tre mesi fa mi sono fatta mettere un cuoricino con la gioia di vivere».
Come ha vissuto il cambiamento del suo fisico?
«Dopo la separazione ho cominciato a mangiare e a mangiare. Ma è una storia di malasanità. Non ero a conoscenza di essere geneticamente ipotiroidea (la mia tiroide non funziona da vent’anni). Poi, dei chirurghi estetici mi hanno spinto a fare una riduzione del seno, che a me piaceva. Tinto Brass dice che i seni spanti sono più eccitanti di qualsiasi protesi. Hanno cominciato a fare degli interventi senza accorgersi che sotto c’era un carcinoma di 5 centimetri. Ho preso chili. Non potevo uscire di casa, i fotografi erano appostati, speravano che uscissi con un maglione largo per urlare: ecco com’è diventata. Non sapevano che avevo un cancro. Ecco perché ho scritto il libro “Serena a tutti i costi”. Sono lettere mai inviate a tante persone importanti (e alcune meno importanti) della mia vita».
Il libro l’ha dedicato alle donne che hanno provato dolori e violenze.
«Ne ho raccontata una. Ho tanti bei muscoli sulle gambe e da ragazza, chiudendole, sono riuscita a difendermi da un tentativo di stupro. Ci hanno provato con violenza in parecchi. Ora, dopo una relazione con una forte attrazione, sono quattro anni che non faccio sesso e sto benissimo. Durante il lockdown poi mi è successa una cosa che non ho mai svelato. Ho cominciato a sentire una mia vecchia amica. Passavamo un sacco di tempo al telefono, ci raccontavamo tutto, era diventata una cosa morbosa. Non riuscivo a farne a meno. Sapevo che era omosessuale. È venuta a trovarmi e non ce l’ho fatta, mi sono detta: Serena, ma a te piacciono gli uomini. Lei ha capito, è una donna intelligente».
Gli uomini avranno fatto follie per lei...
«Uno aveva un sottomarino, mi invitò lì, ci portava le donne per fare colpo. Un giorno mi regalò una Ferrari bianca. Era un truffatore napoletano che faceva l’assicuratore. Poi sì, tanti gioielli».
È vero che Agnelli la corteggiava?
«Mi chiamava alle sei del mattino. La cosa stava diventando pesante, non volevo essere maleducata. Sarei stata un numero per lui. Erano gli anni con mio marito di cui ero pazzamente innamorata. Ci sono anche tanti uomini che hanno avuto paura di me».
Com’era da adolescente?
«Ero formosa già a 12 anni, fumavo, mi sentivo grande, portavo il reggicalze, pensavo solo a truccarmi. A scuola ero una frana, mi chiamavano la svampitella perché già allora non ricordavo mai nulla. Ho sempre la testa nei sogni, e una vita interiore importante. Ma il primo bacio non lo dimentico: lo diedi in una chiesa».
Perché il suo ristorante «La locanda di Miranda» ha fallito?
«Perché la gente è ingrata e ladra, perché quando arriva una persona nota che vuol ricostruirsi una vita, dalla gente del posto a una specie di socia, mi sono saltati tutti addosso. Mi hanno presa in giro e fatto ammalare. Come puoi avere tu un ristorante quando l’ex sindaco ne ha cinque accanto al tuo? Ho puntato sul rosso ed è uscito il nero. Ho voluto fallire».
Adesso la sua casa andrà all’asta?
«Gli avvocati stanno trattando. La banca ha fatto di tutta l’erba un fascio, intende prendere la casa ma non si sa come finirà questa vicenda».
Agli arresti domiciliari nel 2004.
«La colpa era di essere famosa. La cocaina, figuriamoci. L’ho presa una volta e non mi è piaciuta, chi non l’ha provata nei locali degli Anni 90 a Roma? Vennero a perquisirmi a casa, pensavo di stare su Scherzi a parte. Ai carabinieri ho detto: se volete trovare i tortellini sono in frigo, non c’è altro. A un certo punto ho temuto di fare mio malgrado la fine di Laura Antonelli. La mia droga è la cioccolata, mi sono punita mangiando. Lo Stato mi ha risarcita con 100 mila euro. Avrebbe dovuto darmi 10 milioni per tutto il fango mediatico che mi hanno rovesciato addosso».
Come passa le giornate?
«Mi chiamano come opinionista da Barbara D’Urso e in altri programmi. Mi ha chiamato Pupi Avati per fare la madre di Vittorio e Elisabetta Sgarbi nel suo film, ho appena girato un corto con Eros Pagni. In genere sto nella mia bolla. Sono una cinefila, come lo era mia madre, Mina, che da ragazza lavorava alla gelateria della stazione di Rimini. Bella, maggiorata, sorridente. Capitò un signore che con la scusa di un gelato, per diversi giorni, prese a fissarla a lungo. Le disse: signorina, non deve temere nulla, sono Pietro Germi, il regista. Vorrei che diventasse protagonista del mio prossimo film, «Il ferroviere». La invitò al provino. I genitori di mamma, i miei nonni, glielo proibirono. Peccato, quell’incontro avrebbe potuto cambiare la sua vita. L’amore per il cinema me l’ha trasmesso lei».
Lei cosa fa d’altro, a parte vedere film?
«Non ho bisogno di nessuno. Mi piace l’idea di fare la scrittrice. Mi metto in pigiama davanti al computer e scrivo. È liberatorio. Vivo con una pappagalla (Luisita, è brasiliana), Mia che è un bassotto e un chihuahua che ho chiamato Leone. Sto cercando casa a Milano. Non ho più voglia di stare davanti al mare di Rimini».
Lei ha molto vissuto.
«I gatti vivono sette vite, io ne ho vissute dieci. In molti hanno sfruttato il mio nome, sono stata un’ingenua. Ma io ne ho combinate più di Carlo in Francia. Ho un’abilità nel mettermi nei guai e nel salvarmi all’ultimo minuto. Sono Ariete, testarda, tocco il baratro e risalgo. L’Araba Fenice. Si accende una lucina dentro di me e rinasco».
Rimpianti?
«Manco uno. Sa cosa diceva Henry Miller? Siamo tutti colpevoli di un crimine: quello di non vivere appieno la vita. Ma siamo tutti potenzialmente liberi. Possiamo smettere di pensare a cosa non abbiamo fatto e fare quello che è in nostro potere».