Lotito: “La Lazio era considerata una sfida impossibile, io l’ho considerata uno sport estremo. Bayern? Fatturano 4 volte noi ma potevamo fargliene 3”
Claudio Lotito è intervenuto in serata a un evento organizzato presso l’università LUISS dove ha avuto luogo una lezione dal titolo "I bilanci di una società", tenuta dall'avvocato ed ex difensore biancoceleste Guglielmo Stendardo. La lezione si è svolta nell'aula Magna dell'Ateneo, con inizio alle ore 18:00.
Stendardo ha presentato così il presidente della Lazio Claudio Lotito, introducendolo ai presenti in aula nelle vesti di ospite speciale:
“C’è un centro sportivo all’avanguardia a Formello, palestre e piscine. Il tifoso si ferma al risultato sportivo, ma la Lazio è una società che tiene i conti in ordine, che ha chiuso la semestrale con 40 milioni di utile, ha conciliato risultati economico-finanziari con quelli sportivi. Grazie al presidente ho avuto la fortuna di giocare nella Lazio, dal 2006, mi ha insegnato tanto. Spesso viene criticato, a me ha insegnato molto e lo ringrazio ancora”.
Poi la parola passa a Lotito:
Non bisogna essere accecati dalla passione e dimenticare il rispetto delle regole. Il sottoscritto è anche il proprietario della Lazio, dal punto di vista civilistico, io poi sono un gestore. Per poter tramandare questi valori bisogna far sì che la società non scompaia. Lo ricordava Stendardo. Ho preso Guglielmo dal Perugia ritenendo fosse un giocatore di prospettiva. La società Lazio era considerata una sfida impossibile, io l’ho considerata uno sport estremo. La fotografia: aveva 550 milioni di debiti, parliamo del luglio 2004. Mi ha stimolato l’approccio a un mondo che coltivava soltanto l’aspetto estetico e non l’aspetto economico. Ho ritenuto che fosse una gestione un po’ particolare, perché il risultato sportivo è cruciale, ma se vinci una coppa e la società scompare non penso sia corretto né negli interessi dei tifosi. Pagavo due squadre: quella gestita precedentemente e quella nuova. Avevamo creato uno spirito di appartenenza fondamentale nel mondo del calcio, che è un’attività sui generis. Bisogna vincere gli individualismi, se si riesce a trasformare questo in un credo, si possono raggiungere traguardi indipendentemente dalle risorse economiche. Servono ferocia agonistica e determinazione. Abbiamo fatturato 200 milioni contro gli 800 del Bayern, all’andata potevamo segnare 3 gol. Serve avere obiettivi, ma lo sport è un bene supremo, oggi lo abbiamo inserito in Costituzione. Chi fa il presidente deve tenere in ordine i conti, ma anche mandare un messaggio sano alla società civile, bisogna vincere per merito. Io sono tra i pochi a effettuare i pagamenti sempre in anticipo, penso che il 90% delle società fallisca e i debiti li paga la collettività, perché non vengono restituiti. Ho garantito la continuità aziendale, sono entrato un una gestione pagando 25 milioni di euro, e questi 25 milioni sono stati bruciati in poco tempo perché c’erano tanti debiti da onorare. Era stata bruciata la cassa, quindi il patrimonio netto, ho preso una società al funerale e l’ho portata in coma reversibile, c’era sempre questo debito elevatissimo ma l’ho dilazionato in 23 anni. Tramite un’operazione rimasta nella storia – sono stato il primo in Italia – ho rivalutato il marchio. La Lazio avva 380 milioni di debiti, poi l’Europa fece un’infrazione all’Italia per lo spalma-debiti, per cui la Lazio aveva un problema. Il marchio aveva un valore storico, era una fesseria perché il marchio ha un valore intrinseco. Mi si accese una lampadina: il marchio Lazio ha un valore! In quel contesto mi rivolsi a un illustre professore, chiedendo un parere. Il marchio doveva avere un aspetto sportivo e uno commerciale, quest’ultimo poteva essere venduto. Ho fatto emergere il valore reale del marchio, dato dai contratti e dall’attualizzazione del suo valore. Abbiamo fatto radio, tv, giornale, producevano risultati economici, sono stati attualizzati e hanno prodotto un valore commerciale di 120-130 milioni, certificati dal tribunale di Tivoli“.
Quando chiesi di parlare al tavolo con Garrone, Della Valle, Zamparini, e Zamparini mi chiese che esperienza avessi per parlare. Magari loro impiegavano 10 anni per capire una cosa, io ci mettevo un minuto. Il calcio ha perso il romanticismo, ha delle potenzialità incredibili dal punto di vista economico e anche valoriale. Al Bayern mi hanno guardato male quando ho detto che fatturavamo 200 milioni, li abbiamo battuti e significa che le idee possono prevalere. Bisogna applicare le regole, attraverso il merito”.
“Berlusconi era un amico fraterno e mi indirizzò sulla Lazio, i fatti hanno dimostrato che era salvabile. Guardate il Napoli o altre squadre, prese a due spicci. Le squadre di calcio coinvolgono tifosi, giornali, ma devono rappresentare un modello di vita, di come fare gli imprenditori. Il tempo dimostra che chi si sacrifica ottiene i risultati, è un problema di testa. Dopo la transazione col fisco, la rivalutazione del marchio. La terza cosa fu la seguente. Quando c’era Stendando avevamo le panche di legno, ma c’era un altro entusiasmo, oggi si perseguono solo gli interessi economici e materiali, ed è sbagliato. La Lazio ha vinto la Supercoppa contro l’Inter del Triplete, contro la Juventus, vale triplo. Stiamo costruendo il nostro futuro, siamo formiche, non serve fare la cicala. Partiamo con l’Academy, abbiamo una delle strutture più belle a livello femminile, lo ha detto anche Infantino, perché vogliamo valorizzare i giovani, che sono un volano economico e anche un investimento sulla qualità delle persone”.
Siamo rimasti in 3-4, io, De Laurentiis, Cairo, ancora manteniamo in piedi l’italianità e l’orgoglio di essere italiani. Io volevo acquistare l’Alitalia, credevo fosse sanabile, parliamo di tanto tempo fa. Dissi che si confrontavano una realtà imprenditoriale basata sui fondi, e il sottoscritto che era un artigiano con il suo scalpellino.
Io ho rifiutato perfino 140 milioni per Milinkovic, vendendolo a 40. Avevo fatto una promessa a Inzaghi e l’ho mantenuta. Modello di società? Il Bayern. 800 milioni di fatturato, 85 dai diritti tv, per il resto è botteghino, merchandising, incassi. Una macchina da guerra”.