L’apporto di Mancini alla Lazio 

La sua personalità, l'applicazione nel lavoro di tutti i giorni e la sua esperienza. Non come allenatore, visto che era al primo vero anno in panchina, ma come uomo che conosceva perfettamente l'ambiente Lazio e tutte le sue sfaccettature. E poi fu bravo a creare un grande gruppo. Quell'anno abbiamo raggiunto la semifinale in Coppa Uefa e siamo arrivati quarti, qualificandoci per la Champions League, nonostante non prendessimo lo stipendio da sette mesi. Un bel casino: poi ci fu il piano Baraldi, l'accordo con la società, tante situazioni che ci portarono a vivere sempre sul filo del rasoio. E in quella circostanza Mancini fu molto bravo a gestire tutto.

La coppa UEFA

Sì, ma ti ripeto: all'inizio me la sono presa tanto, ma dopo aver capito contro chi abbiamo perso, ce ne siamo fatti una ragione. Almeno io (ride ndr). Fortunatamente ci siamo presi la rivincita vincendo la Coppa Italia l'anno dopo.

Il ricordo della finale contro la Juventus 

Ricordo il doppio successo con il Milan in semifinale. Abbiamo vinto a San Siro la gara d'andata e poi al ritorno abbiamo fatto quattro gol in un tempo. lo sbloccai il risultato. Quel giorno eravamo imprendibili. Poi nella finale d'andata con la Juve vincemmo 2-0, nonostante un rigore che sbagliai.

Su Stefano Fiore

Vabbè, me lo prese Buffon, mica uno qualunque. Vincemmo 2-0 e poi al ritorno siamo andati a pareggiare a Torino, al vecchio Delle Alpi, 2-2, con gol di Fiore e Corradi. Fu una grande gioia, che in parte ci ripagò di quella semifinale persa con il Porto, Alzammo al cielo la Coppa Italia, anche se sapevamo che quel successo era a tutti gli effetti la fine di un ciclo. Da lì a poco infatti cambiarono molte cose nella Lazio.

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